Una notizia che senz'altro potrebbe avere conseguenze importanti per quanto riguarda la cura dei tumori al seno si deve ad una scoperta rilevante effettuata dall'Istituto dei Tumori di Napoli. Precisamente, un farmaco che viene utilizzato per curare l'osteoporosi (processo di rarefazione e indebolimento delle ossa, dovuto a decalcificazione e mobilizzazione dei sali di calcio), abbinato al blocco della produzione degli estrogeni, rende possibile ridurre in maniera significativa la possibilità di contrarre il carcinoma mammario nel periodo che anticipa la menopausa.
Secondo quanto riferisce il quotidiano "Il Mattino", gli studi sono stati avviati circa quattordici anni fa, partiti dalla grande intuizione del dottor Francesco Perrone e sono stati presentati a Monaco nel corso del XX Congresso Esmo.
Grazie allo studio Hoebe effettuato a Napoli, si potrebbe ridurre la recideiva nei tumori al seno
Lo studio è stato denominato Hoboe e ha visto coinvolti ben 1065 pazienti, donne di età inferiore ai cinquanta anni, seguite in 16 centri italiani. Come spiega il dottor Perrone, l'utilizzo di acido zoledronico e della terapia ormonale con letrozolo, rispetto a quanto fa il tamoxifene, permette di avere una risposta decisamente migliore in tutte quelle donne che nel momento della diagnosi mostrano una normale attività mestruale.
Pare che sia proprio l'utilizzo delle due medicine contemporaneamente a produrre questi risultati, riducendo così dal quindici al sette per cento la possibilità di subire una recidiva della malattia.
Ovviamente i risultati apparentemente brillanti dovranno essere confermati nel corso degli anni, monitorando le condizioni delle donne che hanno preso parte a questo studio come pazienti.
Nel caso in cui i buoni risultati dovessero essere confermati, sarebbe consentito fare un grande passo in avanti per quanto riguarda la terapia precauzionale applicata a donne colpite dal tumore al seno. Secondo quanto dichiarato da Gerardo Botti, Direttore scientifico dell'Istituto Nazionale Tumori "G. Pascale", questo studio prova ulteriormente come i ricercatori siano stati in grado di vedere lontano già da molti anni, senza avere alcun timore nell'affrontare sfide piuttosto complicate. Una scoperta decisamente importante, dunque, che attende di trovare conferma nel corso del tempo per avvalorare in questo campo la speranza di diagnosi e cure.