Un ricatto a luci rosse è costato caro a una giovane romena, da tempo residente a Bologna, che si è vista infliggere una condanna a 2 anni e 8 mesi di reclusione con l'accusa di aver ricattato ed estorto denaro a un sacerdote con il quale aveva intrattenuto rapporti intimi; condannati a otto mesi di carcere anche il fratello 27enne della seduttrice e la sua compagna 26enne, entrambi di nazionalità romena. Protagonisti della vicenda boccaccesca L.N., una ventinovenne cittadina romena residente nel capoluogo emiliano, ed un sacerdote di 75 anni assegnatario, all'epoca dei fatti, di una parrocchia in città.
La vicende risale a qualche anno fa
I fatti risalgono qualche anno fa, tra dicembre 2015 e gennaio 2016, ma sarebbe stata coperta per lungo tempo da riserbo, probabilmente perché vedeva coinvolto un religioso. In base alla ricostruzione dei fatti, il sacerdote era stato assegnato ad una parrocchia cittadina ed nell'esercizio delle sue funzioni religiose aveva commesso l'errore di cedere alle grazie della giovane romena, intrattenendo con essa rapporti di natura sessuale. La giovane donna però, secondo l'accusa, aveva filmato i rapporti e ha usato successivamente queste riprese osée per ricattare il sacerdote estorcendogli denaro. Il sacerdote in un primo momento aveva ceduto al ricatto; ma poi, visto che le richieste della sua aguzzina erano sempre più esose (il conto era arrivato a 2.400 euro), ha deciso di presentare denuncia ai carabinieri.
Dopo questa azione, il sacerdote avrebbe subito minacce da parte del fratello della sua ex giovane amante e della sua fidanzata intenzionati, con tali intimidazioni, a fargli ritirare la denuncia nei confronti della loro congiunta.
La versione della donna e dell'avvocato che l'assiste è diversa
La versione dell'imputata - finita agli arresti domiciliari già all'inizio dell'indagine - è stata sempre in contrasto con l'accusa; essa, che tra l'altro non ha mai disconosciuto la relazione, sostiene che il religioso si sarebbe innamorato nel corso della frequentazione e le avrebbe elargito, senza nessuna minaccia, del denaro per aiutarla nelle sue spese quotidiane come pagare l'affitto o mantenere i suoi due figli piccoli (la donna è separata).
Anche l'avvocato Gennaro Lupo, che difende i tre imputati, non condivide la sentenza emessa dal giudice e ha preannunciato che molto probabilmente presenteranno ricorso in appello, adducendo una serie di altri motivi contraddittori nella vicenda come, per esempio, il fatto che il sacerdote, nonostante negasse la relazione con la sua assistita, avesse nel suo cellulare delle foto della giovane che ne hanno permesso l'identificazione da parte dei carabinieri.