Uno degli imputati condannati nell'ambito del processo di 'ndrangheta 'Aemilia', Francesco Amato, stamattina ha fatto irruzione nell'ufficio postale di Pieve Modolena, in provincia di Reggio Emilia, e si è barricato, prendendo in ostaggio cinque persone, tra cui la direttrice. L'uomo ha fatto uscire tutti i clienti, prima di restare solo con il personale dell'ufficio postale. Le forze dell'ordine sono arrivate in men che non si dica ed hanno cercato di dissuadere Amato, ingaggiando una trattativa. Un ostaggio è stato liberato. Secondo le prime indiscrezioni, si tratta di una donna che, quando è uscita, è stata colta da un malore.

Il personale del 118 l'ha subito soccorsa. Dopo una lunga trattativa, il condannato si è arreso ed è stato arrestato.

La richiesta di parlare con Salvini e Trenta

Giornata di ordinaria follia a Pieve Modolena. Francesco Amato ha seminato terrore in un ufficio postale ed ha chiesto di parlare col vicepremier Matteo Salvini e con il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta. L'uomo era latitante sin dalla condanna a 19 anni e un mese di carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso. Condannato anche il fratello Alfredo. I magistrati avevano emesso nei suoi confronti un ordine di carcerazione. Il tratto della via Emilia dove si trova l'ufficio postale di Pieve Modolena è stato prontamente evacuato.

Dopo aver fatto irruzione nella filiale di via Fratelli Cervi 160, Amato ha brandito un coltello da cucina ed ha affermato a voce alta: "Sono quello condannato a 19 anni in Aemilia". Sul posto sono accorsi rapidamente carabinieri, poliziotti, il Pm Jacopo Berardi e il procuratore capo Marco Mescolini. Dopo circa 8 ore di trattative, Amato ha deciso di consegnarsi alle forze dell'ordine.

Chi è Francesco Amato?

La sentenza di condanna nel processo Aemilia è stata emessa 5 giorni fa ed ha visto coinvolti, tra gli altri, anche l'ex calciatore Iaquinta e suo padre. In base alle ultime informazioni, Amato avrebbe anche minacciato di uccidere tutti, una volta entrato nell'ufficio postale. Il condannato non è l'unico latitante del processo: irreperibili anche l'albanese Bilbil Elezaj e i fratelli tunisini Baachaoui.

Francesco Amato, 55 anni, veniva usato dal clan malavitoso per incutere timore alle vittime. I giudici della Direzione distrettuale antimafia hanno dichiarato che Amato veniva sfruttato dal clan per compiere il cosiddetto 'lavoro sporco', ovvero minacciare e danneggiare per finalità estorsive. Il processo Aemilia si è chiuso nei giorni scorsi, dopo un paio d'anni, con 118 condanne e 24 con rito abbreviato.