Nella tragedia dell'Hotel di Rigopiano, distrutto da una valanga killer, si apre un nuovo filone di indagine. Questa volta l'accusa è di depistaggio delle indagini ed a finire nei guai è anche la massima carica della ufficio territoriale del governo all'epoca del disastro. Ci riferiamo all'ex prefetto Francesco Provolo. Per la precisione, la Procura di Pescara, titolare delle indagini sulla morte di 29 persone avvenuta mercoledì pomeriggio del 18 gennaio 2017, ha iscritto nel registro degli indagati almeno altre 7 persone per frode in processo penale e, appunto, depistaggio.

Tutti gli indagati facevano parte del personale della Prefettura di Pescara all'epoca dei fatti.

I fatti

Fondamentalmente, la Procura della Repubblica di Pescara ha deciso di aprire un nuovo filone di indagine perché gli indagati avrebbero collaborato per nascondere il brogliaccio delle segnalazioni del 18 gennaio 2017 inviato alla squadra mobile di Pescara. L'obiettivo del tentativo di occultamento sarebbe stato quello di nascondere la chiamata di soccorso al centro di coordinamento dei soccorsi effettuata alle ore 11:38 di quella fatidica mattina del 18 gennaio da parte del cameriere Gabriele D'Angelo. Insieme all'ex prefetto Francesco Provolo sono stati inscritti nel registro degli indagati due suoi stretti collaboratori, i viceprefetti distaccati Salvatore Angieri e Sergio Mazzia.

I due ex collaboratori attualmente svolgono le funzioni di vicario dei prefetti di Macerata e Crotone.

Le indagini

Le indagini, coordinate dal Procuratore capo di Pescara Massimiliano Serpi e del Sostituto Procuratore Andrea Papalia, andavano avanti da circa un anno quando gli inquirenti si sono imbattuti in una conversazione tra un carabiniere della sala operativa di Pescara e la funzionaria della Prefettura Daniela Acquaviva che confermava al militare l'avvenuto intervento a Rigopiano proprio a seguito della telefonata di richiesta di soccorsi effettuata dal cameriere D'Angelo che, nella stessa giornata, aveva allertato anche il Centro operativo comunale di Penne per lo stesso motivo.

E quest'ultima chiamata sarebbe stata registrata sul brogliaccio della postazione che, come accennato, si sarebbe cercato di far sparire definitivamente. La conversazione tra il militare e la funzionaria della prefettura ha spinto gli investigatori ad effettuare dei nuovi riscontri sui tabulati ed in questo modo si è risaliti alla chiamata del cameriere dell'Hotel Rigopiano.

In pratica, come sostenuto dal fratello del cameriere, Francesco D'Angelo, gli ex dirigenti della Prefettura di Pescara avrebbero cercato di nascondere di essere stati avvertiti in tempo della telefonata di Gabriele, in conseguenza della quale avrebbero potuto mettere in salvo gli ospiti dell'albergo.