Un incidente sul lavoro mortale doveva sembrare una fatalità. Per evitare 'guai', il titolare di una ditta boschiva di Belluno aveva rimosso il corpo dell'operaio deceduto, che aveva preso a lavorare in nero, dal luogo in cui era accaduto l'infortunio, e l'aveva gettato in un fosso per simulare una caduta accidentale.

Ora, a distanza di un mese dal ritrovamento del cadavere di Vitali Mardari, immigrato moldavo di 28 anni, ucciso da un cavo che l'aveva colpito alla testa, il caso è stato risolto dai carabinieri. Quel datore di lavoro è stato denunciato a piede libero, così come scrive il Corriere della Sera.

Deve rispondere di accuse molto pesanti: omicidio colposo, violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, e frode processuale.

Incidente sul lavoro, la messinscena del titolare ricostruita dai carabinieri

Il cadavere di Vitali Mardari che lavorava in nero, senza contratto né tutele, per conto di una ditta di Belluno, era stato trovato lo scorso 19 novembre nei boschi del Primiero nel Trentino orientale. Quello che sembrava un giallo, si è rivelato essere una terribile messinscena scoperta dai militari. Sulle prime sembrava che il giovane operaio fosse morto per essere stato colpito accidentalmente dalla caduta di un albero, ma agli investigatori quella semplicistica ricostruzione degli eventi non quadrava anche per via di incongruenze significative.

Le lesioni sul corpo del boscaiolo erano incompatibili con la zona in cui era stato ritrovato: un'area in cui non c'erano tronchi, rami, alberi tagliati o sassi in grado di giustificare le ferite. Il sospetto che l'infortunio mortale potesse essere accaduto in tutt'altro luogo, è stato poi avvalorato da testimonianze raccolte dagli investigatori che hanno presto ricostruito ciò che è realmente accaduto.

Quel giorno, il moldavo era stato ucciso da un cavo d'acciaio che si era spezzato colpendolo violentemente alla testa e provocandogli gravissime fratture craniche mentre era impegnato sul cantiere boschivo a installare una teleferica per il trasporto del legname.

Subito era scattato l'allarme: i colleghi della vittima avevano avvertito il proprietario della ditta.

Si era ipotizzato che il boscaiolo fosse ancora vivo o agonizzante, quando il titolare è arrivato sul luogo dell'incidente. Circostanza poi esclusa. Di fatto, il datore di lavoro ben sapendo che quell'operaio era sprovvisto di un regolare contratto, probabilmente con l'aiuto di un'altra persona, ha trascinato il corpo esanime, l'ha caricato su un'auto per poi scaraventalo in un fosso a 600 metri di distanza dal luogo dell'incidente sul lavoro, e l'ha ricoperto con dei tronchi per far pensare a una caduta di un albero.

Operaio in nero, altre bugie del titolare tradito anche da un cappello

In seguito, è stato proprio lo stesso datore di lavoro, nella continuità di una messinscena volta a depistare le indagini, a chiamare una guardia boschiva segnalando di aver trovato nei boschi di Sagron Mis, nel territorio di San Martino di Castrozza, in provincia di Trento, vicino al confine con la provincia di Belluno e a pochi metri di distanza dal suo cantiere, il corpo di un uomo.

Quando è stato trovato dai soccorritori, il boscaiolo era già privo di vita. Il datore di lavoro ha detto e ripetuto di non averlo mai visto prima, di non conoscerlo affatto. Ma col passare del tempo, i militari che erano stati chiamati a fare indagini su una morte dovuta a una caduta accidentale, forse addirittura di un escursionista, hanno ricostruito l'accaduto anche grazie ad elementi di prova inconfutabili. Vicino al cavo spezzato, è stato trovato un cappello di lana che i parenti di Vitali Mardari hanno riconosciuto. E anche tracce di sangue che sono dell'immigrato moldavo.