Uno stato d'animo alterato dalla gelosia potrebbe bastare come attenuante in un femminicidio, determinando un sostanzioso sconto di pena. Il precedente, destinato a fare 'scuola', ora c'è: la Corte d'Assise d' Appello di Bologna, con una sentenza appena depositata che ha scatenato polemiche e reazioni indignate, ha quasi dimezzato la pena all'imputato Michele Castaldo, napoletano di 56 anni, da 30 a 16 anni perché quando uccise la partner era in balia di una "tempesta emotiva e passionale".
L'uomo, reo confesso, la sera del 5 ottobre del 2016 strangolò con le sue mani Olga Matei, la donna di 46 anni di origine moldava con cui aveva una relazione da appena un mese.
A scatenare l'omicidio la gelosia per aver visto dei messaggi di un altro uomo sul telefonino di lei. Per il ministro Giulia Buongiorno, la sentenza riporta le lancette della giustizia italiana indietro di mezzo secolo, segnando un pericoloso ritorno al delitto d'onore.
'Tempesta emotiva', attenuante per dimezzare la pena
Può una "soverchiante tempesta emotiva e passionale" influire sulla responsabilità penale di un imputato, tanto più se reo confesso? Per la Corte d'Appello d'Assise di Bologna che ha dimezzato la pena a Michele Castaldo, sono valse come attenuanti generiche le "sue poco felici esperienze di vita", i trascorsi difficili, il fatto che avesse tentato il suicidio due volte e fosse stato in cura presso un centro d'igiene mentale, un matrimonio fallito e una storia sentimentale fatta di tradimenti prima dell'incontro con la vittima che strangolò con le sue mani, che fosse incensurato, che avesse confessato e iniziato a pagare la provvisionale di 350mila euro alla figlia minorenne di Olga Matei.
La sentenza che sta facendo discutere scatenando dissensi ha in parte ribaltato quanto stabilito in primo grado quando Castaldo era stato condannato a 30 anni di reclusione con rito abbreviato per omicidio aggravato da futili e abietti motivi. Il perito psichiatrico aveva riscontrato nell'omicida un turbamento dovuto a una tempesta emotiva e passionale, ma l'aveva considerata una condizione che non impediva affatto la sua capacità di intendere e volere, e quindi non limitava la sua responsabilità penale.
La Corte d'Appello ha invece considerato questa condizione riscontrata nel reo confesso un'attenuante anziché un'aggravante: e così la pena è stata ridotto da 30 a 24 anni che, per effetto del rito abbreviato, sono diventati 16.
"Temevo mi tradisse o che mi volesse lasciare - aveva raccontato Castaldo - Le ho detto che doveva essere mia e di nessun altro".
L'assassino confessò il delitto commesso nella casa della donna la sera del 5 ottobre 2016, inizialmente tramite un sms inviato a un cartomante a cui si era rivolto minacciando poi di uccidersi. Grida all'ingiustizia la sorella della vittima, mentre la procura di Bologna sta valutando la possibilità di un ricorso in Cassazione.
Giulia Bongiorno, ritorno al delitto d'onore
Giulia bongiorno, ministra per la Pubblica Amministrazione che come legale è da anni impegnata contro stalking e violenza sulle donne e ha proposto un Codice Rosso per dare una corsia preferenziale alle violenze di genere, pur rispettando la sentenza e i giudici che si sono mossi nell'ambito della legge, non condivide il principio che ha ispirato il verdetto.
Dal suo punto di vista, vale l'esatto opposto: chi uccide in relazione ad un'offesa all'onore, va punito più severamente, perché "spinto da una concezione della donna come essere inferiore". L'impostazione della sentenza, secondo la Bongiorno, fa tornare al passato remoto, a quando vigeva il delitto d'onore, abolito nel 1981, che proteggeva l'omicida anziché la vittima concedendogli attenuanti.
Su questo punto c'è consenso da parte di tutte le forze politiche che parlano di enormi passi indietro sulla strada dell’emancipazione delle donne e della giustizia. "E' un precedente pericolosissimo”, ha detto la presidente della commissione Femminicidio Valeria Valente (Pd).