Martino Scialpi, il commerciante ambulante di Martina Franca (in provincia di Taranto), è morto senza riuscire ad incassare il 13 fatto al Totocalcio nel lontano 1981. L'uomo, 67 anni, era stato anche accusato di truffa e per farsi riconoscere la vincita aveva ingaggiato un'estenuante battaglia giudiziaria con il Coni. Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, però, ha sempre sostenuto che la schedina non fosse mai giunta all'archivio corazzato del Totocalcio.
'Ho fatto 13'
Il primo novembre 1981, Martino Scialpi, allora 28enne, controllando la schedina del Totocalcio, il mitico concorso a premi istituito nel 1946, scoprì di aver fatto 13 e di aver vinto più di un miliardo di vecchie lire.
Un montepremi da favola, che però, ha trasformato la sua vita in un vero e proprio incubo. L'uomo, infatti, non ha mai ricevuto un solo centesimo in quanto la vincita non gli è stata riconosciuta: per anni, ha dovuto "far guerra" addirittura al Coni e sostenere migliaia e migliaia di euro in spese legali.
Martino aveva giocato la schedina fortunata in una ricevitoria di Ginosa, sempre in provincia di Taranto, ma la matrice del tagliando, a quanto sembra, non è mai stata depositata presso l'archivio corazzato della commissione del Totocalcio di Bari. Così, il suo caso ha iniziato a rimbalzare da un'aula di tribunale all'altra.
Un calvario giudiziario lungo 38 anni
Durante il processo, i vertici Coni si erano difesi sostenendo che la ricevitoria di Ginosa non era ufficialmente riconosciuta in quanto, in seguito ad una cessione, le era stata revocata temporaneamente la concessione e, di conseguenza, non avrebbe potuto esercitare.
Martino Scialpi, di conseguenza, era stato anche accusato di truffa e falso ma poi, alcuni anni più tardi, nel 1987, il tribunale di Taranto lo ha assolto con formula piena e, riconoscendogli l’autenticità della schedina vincente, gliel'ha restituita. I soldi, però, non sono mai arrivati.
Il calvario giudiziario affrontato da Scialpi è durato quasi 38 anni: il commerciante, assisto dall'avvocato Guglielmo Boccia, ha dovuto intraprendere numerose azioni legali - che gli sono costate oltre 500mila euro - e scontrarsi con una burocrazia cavillosa e omissiva.
Nel 2016, in seguito ad un'indagine penale nata da una denuncia depositata dallo stesso scommettitore il 29 maggio 2014, il Il gip del Tribunale di Potenza, Michela Tiziana Petrocelli, ha indagato, per abuso di ufficio, 36 persone. Tra questi un dirigente dell'Azienda Monopoli di Stato, diversi presidenti Coni, 11 magistrati pugliesi, ufficiali delle Fiamme Gialle ed avvocati del Foro di Taranto e di Roma.
Ora che è il commerciante è morto, con ogni probabilità, la battaglia sarà portata avanti dai suoi eredi che, forse, dopo quasi 40 anni riusciranno a portarsi a casa l'agognato montepremi.