Lucio Lutri, gran maestro venerabile di una loggia massonica di Palermo, la "Pensiero e Azione", è stato espulso dalla medesima associazione in seguito agli arresti di ieri 31 luglio, eseguiti dal nucleo Ros dei carabinieri, coordinati dalla locale Procura. La notizia arriva direttamente dal Goi, la principale obbedienza massonica italiana, e precisamente da Leo Taroni, che è gran commendatore della stessa organizzazione massonica. Lo stesso si è detto disponibile a collaborare con l'autorità giudiziaria al fine di accertare la verità processuale.
Insieme a Lutri, in manette è finito un altro gran maestro massone, ovvero Vito Lauria, a capo della loggia "Arnaldo da Brescia", anche questa affiliata al Grande Oriente d'Italia. Secondo chi indaga, Lutri, in qualità anche di funzionario regionale, si sarebbe messo a disposizione di Cosa nostra al fine di favorire gli esponenti del clan di Licata, accogliendo le richieste del sodalizio mafioso, molte delle quali illecite. Oltre a loro due, sono state arrestate anche altre cinque persone, tutte imparentate strettamente con alcuni boss dell'agrigentino.
L'acquisizione degli elenchi
Con il passare delle ore emergono sempre più dettagli sull'inchiesta in questione, denominata "Halycon". Lucio Lutri è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Ieri mattina i carabinieri si sono recati di buon mattino nelle sedi delle due logge massoniche, acquisendo gli elenchi degli iscritti: dobbiamo precisare, questo per dovere di cronaca, che non si è trattato di una vera e propria perquisizione, quanto di un'acquisizione di atti, che potrebbero essere utili alle indagini. Le relative perquisizioni, eseguite contestualmente agli arresti, hanno portato anche a scoprire delle armi da fuoco: in particolare ad uno degli indagati, Giovanni Mugnos, è stata trovata una pistola, mentre al Lauria addirittura alcune munizioni da guerra.
Il nucleo Ros ha messo in atto un'indagine davvero delicata, anche tramite intercettazioni telefoniche. Nelle stesse è emerso che il Lutri si sarebbe vantato con la cosca di Licata, dichiarando che ormai non li poteva più fermare nessuno.
Le intercettazioni e gli appalti
"Tu non lo sai io e Lucio a chi apparteniamo": questa sarebbe anche una delle frasi intercettate dagli inquirenti, che denotano appunto l'affiliazione massonica dei due, Lutri e Lauria, entrambi, lo ricordiamo, "maestri venerabili".
Nella stessa intercettazione si sottolineava come l'affiliazione alla massoneria da parte di entrambi poteva essere motivo di clamore se la stessa fosse arrivata alla stampa. Secondo quanto riferisce Repubblica, sulle sue pagine online, Mugnos e Lutri sottolineavano la necessità di non usare assolutamente i telefoni per parlare, in quanto considerate delle vere e proprie "bombe". L'indagine della Dda è infatti partita allorquando gli inquirenti cominciarono ad indagare sulle relazioni tra il capomafia Salvatore Seminara, al vertice quest'ultimo della famiglia Caltagirone, ed esponenti mafiosi licatesi in merito alla spartizione degli appalti per la costruzione di un grande complesso turistico e di demolizione di alcuni immobili all'interno dello stesso comune della cittadina siciliana.