Gli inquirenti hanno pochi dubbi: l’agguato in cui mercoledì pomeriggio è stato ucciso Fabrizio Piscitelli – storico leader del gruppo degli Irriducibili della Lazio – sembra essere un regolamento di conti. L’ultrà, detto “Diabolik” si stava recando ad un appuntamento quando è stato raggiunto all’orecchio sinistro da un proiettile sparato a bruciapelo alle sue spalle da uno sconosciuto che, secondo alcuni testimoni, indossava abiti da jogging. Per il 53enne non c’è stato scampo: è morto sul colpo in via Lemonia, nella zona del parco degli Acquedotti a Roma, a due passi dalla via Appia.

Le indagini, affidate alla Squadra Mobile della Capitale e coordinate dal pm Michele Prestipino, si sono subito focalizzate sul passato della vittima: due sono le possibili piste da seguire, legate ai suoi rapporti con la malavita o all’estremismo politico .

I numerosi problemi con la giustizia di Fabrizio Piscitelli

In particolare si indaga in certi ambienti della malavita, legati allo spaccio di droga. La fedina penale di Piscitelli non era di certo pulita: a partire dal 1998, quando è stato processato per danneggiamento, il 53enne ha compiuto numerosi reati, dalla resistenza a pubblico ufficiale alle scommesse clandestine, dai disordini allo stadio fino alle ingiurie e alle lesioni. Ma vanno sottolineati soprattutto i rapporti della vittima con personaggi come Massimo Carminati, emersi nel corso dell’inchiesta su Mafia Capitale, e con diversi boss del narcotraffico.

Del resto nel 2015 era arrivata una condanna a quattro anni e otto mesi di galera per Diabolik, dopo che aveva importato dalla Spagna 183 chili di hashish. Inoltre la Guardia di Finanza gli aveva sequestrato immobili, partecipazioni societarie ed automobili per 2,3 milioni di euro: il capo ultrà, infatti, aveva reinvestito i proventi dei suoi traffici illeciti in numerose attività, senza però dichiarare mai nulla al fisco.

Infine, non va dimenticato il processo per l’episodio della fallita scalata alla Lazio e le minacce, con un tentativo di estorsione ai danni del presidente Claudio Lotito, per cui ha dovuto scontare tre anni e due mesi di carcere.

Non si esclude la pista dell’estremismo politico

Non è da escludere anche la pista politica. Solo alcuni mesi fa lo stesso Piscitelli era stato molto chiaro: dopo un attentato ad una sede degli Irriducibili, situata nei pressi del luogo in cui l’ultrà è stato ammazzato, aveva evocato gli anni del terrorismo.

“Tira una brutta aria – aveva detto – ma noi di certo non ci nasconderemo, sanno dove viviamo”, riferendosi ai gruppi di estrema sinistra. Infatti, pochi giorni prima dell’esplosione di quella bomba, gli ultrà della Lazio, tradizionalmente legati agli ambienti di destra, avevano aperto uno striscione inneggiante a Mussolini, a pochi passi da piazzale Loreto, mentre erano in trasferta a Milano per la gara di Coppa Italia.