Tutto è stato preparato con la massima precisione, seguendo le tipiche modalità dei delitti di mafia: Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik, è stato vittima di una vera e propria esecuzione programmata in ogni dettaglio. Oltre al killer professionista che gli ha sparato un solo colpo mortale dietro all’orecchio, per gli inquirenti, almeno altre due persone hanno partecipato all’agguato lo scorso mercoledì in via Lemonia, a Roma, all’ingresso del Parco degli Acquedotti.

Infatti un complice avrebbe atteso l’assassino per poi scappare via con lui a bordo di una moto di grossa cilindrata, che sarebbe stata ripresa durante la fuga da alcune telecamere di sicurezza della zona.

Ma non solo: secondo quanto riportato dal Messaggero, una terza persona sarebbe stata presente sul luogo dell’omicidio. Avrebbe fatto da palo, con il compito di avvisare gli altri due dell’arrivo della bersaglio prefissato, che aveva un appuntamento in quel luogo.

Il racconto della guardia del corpo di Diabolik

Gli inquirenti si sono convinti dell’esistenza di un terzo complice dopo aver sentito il racconto dell’autista di Piscitelli. Si tratta di un uomo di origine cubana che negli ultimi tempi gli faceva anche da guardia del corpo e che era con l’ultrà della Lazio al momento dell’agguato. Secondo questa testimonianza, resa agli agenti della Squadra Mobile della Capitale, il killer – vestito in tenuta da jogging, probabilmente per non destare sospetti – avrebbe provato ad ammazzare anche lui, ma la pistola si sarebbe inceppata, permettendogli di scappare, terrorizzato, finché i poliziotti non l’hanno rintracciato quando era ormai pronto a lasciare Roma.

Il bodyguard, esperto di arti marziali, ha inoltre spiegato che erano arrivati all’appuntamento con venti minuti di anticipo: chi indaga pensa che qualcuno abbia riferito agli altri membri del commando che l’obiettivo dell’agguato fosse già giunto sul posto e che non si trovasse lì da solo.

Si indaga sui rapporti della vittima con i boss della criminalità romana

Per riuscire a comprendere il movente del delitto, gli inquirenti stanno ricostruendo i rapporti di Fabrizio Piscitelli con numerosi esponenti di spicco della malavita organizzata. Tra questi c’è il camorrista Michele Senese, boss con cui era stato coinvolto in un’inchiesta legata al narcotraffico.

Non sembra un caso che l’agguato sia avvenuto in un territorio storicamente in mano a Senese e ai suoi familiari, anche se di recente presidiato dagli uomini della criminalità albanese: si tratta di altri personaggi con cui Diabolik era impegnato in una serie di attività illecite, in particolare legate allo spaccio nella zona di Ponte Milvio. L’ipotesi di una punizione esemplare per qualche sgarro ai boss resta tra le più probabili, insieme a quella della ritorsione per il mancato pagamento dei debiti maturati nella gestione delle sue operazioni criminali.