Aveva disperatamente chiesto aiuto ad almeno due automobilisti ripresi dalle telecamere di sorveglianza di una fabbrica di via della Magliana a Roma, passate le 3 di notte del 29 maggio 2016. Forse, se qualcuno si fosse fermato a soccorrerla o avesse chiamato il 112, a quest'ora Sara Di Pietrantonio sarebbe in vita: invece,il corpo semicarbonizzato della ragazza di 22 anni fu trovato a bordo della sua auto.

A ucciderla l'ex fidanzato, Vincenzo Paduano: le diede fuoco perché "colpevole" di non voler tornare con lui. Era stato condannato in appello a 30 anni, ma la Cassazione ha disposto un nuovo processo e ora è giunta la condanna all'ergastolo per omicidio e stalking, riconosciuto come reato autonomo.

L'omicidio del 29 maggio 2016

"Sono un mostro, l'ho uccisa, non sopportavo che stesse con un altro": così disse l'ex guardia giurata durante la confessione, al termine di otto ore di pressante interrogatorio in Questura. Dopo due anni di relazione, Sara Di Pietrantonio lo aveva lasciato una ventina di giorni prima del delitto, a inizio maggio 2016. Il delitto fu ricostruito in tempi rapidi anche grazie alle immagini registrate dalle telecamere di un'azienda lungo la strada della periferia romana dove fu commesso. Paduano, che quella notte era di turno come vigilante, lasciò il posto di lavoro per andare sotto l'abitazione del nuovo ragazzo di Sara.

Aspettò che lei lo riportasse a casa e la seguì, cosa di cui lei non si accorse.

In via della Magliana la speronò costringendola a fermarsi, cominciando così una lite purtroppo culminata con lo strangolamento della ragazza, che poi fu cosparsa di alcol e bruciata. Dopo averla uccisa, Paduano tornò a lavorare come se nulla fosse. Agli inquirenti non ci volle tanto per risalire a lui: sulla sua pagina Facebook, appena due ore prima dell'omicidio, aveva scritto righe tragicamente esplicite: "Quando il marcio è radicato nel profondo, ci vuole una rivoluzione, tabula rasa.

Diluvio universale". Poi i messaggi intercorsi tra lui e lei, la testimonianza delle amiche di Sara che avevano raccontato della morbosa gelosia del ragazzo che spesso la seguiva. Il capo della Squadra Mobile della Polizia, Luigi Silipo, disse che in 25 anni in polizia non aveva mai visto un omicidio tanto feroce.

Tappe del processo e condanna

In primo grado è stato condannato all'ergastolo, poi in secondo grado a 30 anni di reclusione. Ieri, la seconda Corte d'Appello d'Assise di Roma, al termine del nuovo processo di secondo grado per la rideterminazione della pena, lo ha condannato al carcere a vita. La Cassazione aveva disposto un nuovo processo dopo aver accolto il ricorso presentato dalla Procura Generale, ritenendo che il reato di stalking andasse 'conteggiato' autonomamente rispetto a quello di omicidio, diversamente da come stabilito dal primo giudizio d'appello.

Questa nuova e definitiva sentenza lo ritiene responsabile di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai futili motivi e dalla minorata difesa, distruzione di cadavere e incendio, e a chiudere, di stalking.

Nel 2017, la Procura chiede la condanna all'ergastolo: "L'imputato non ha mai chiesto perdono per quanto commesso", dicono i pm. A seguire, Paduano chiede scusa dicendo di non volere sconti di pena. "Le sue sono scuse strumentali', commenta la Procura. L'8 maggio 2018, nel processo di secondo grado, Paduano prende la parola: "Non posso meritare la pace. Mi vergogno di quello che ho fatto. Non riuscirò mai a perdonarmi di aver tolto a Sara la possibilità di diventare grande". Concetta Raccuia, mamma di Sara, quando l'ex fidanzato della figlia era stato condannato a 30 anni aveva detto: "Posso apparire cinica ma non credo che si sia pentito per davvero, è un manipolatore".

La mamma di Sara: 'Sentenza di aiuto per altre donne'

Dopo la nuova sentenza la mamma di Sara ha detto che a lei non interessa che Paduano sconti 30 anni o l'ergastolo, cambia poco perché sua figlia non la riporterà in vita nessuno, nemmeno se gli avessero dato dieci ergastoli. Le sta a cuore che lo stalking psicologico, tutte quelle vessazioni continue ed invisibili che poi sfociano in minacce e pedinamenti come è successo a Sara, assuma il giusto valore. "Se posso trovare qualcosa di positivo, è per gli altri. Soprattutto per le altre donne perché prendano il coraggio di denunciare e si rendano conto della violenza. Questa sentenza servirà almeno per loro. Spero che tutto questo dolore possa servire per altre ragazze".

Ha detto che l'errore suo come mamma, e quello di Sara come giovane donna, è stato proprio quello "di non rendersi conto della pericolosità degli atteggiamenti di Vincenzo". "Io e Sara ne ridevamo, scherzavamo, e questa è stata la sua condanna a morte. E io come mamma stavo tranquilla, molto mi celava mia figlia ma mai avrei immaginato che un ragazzo di buona famiglia arrivasse ad uccidere". La violenza 'invisibile' purtroppo spesso è solo l'anticamera di crimini efferati commessi da chi dichiara amore ed è solo malato di possesso.