Spiare i propri dipendenti, installando a loro insaputa telecamere nascoste, non è un reato. A stabilirlo è una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell’uomo che, però, ha posto una condizione. Deve essere "extrema ratio". Consapevole degli scenari "in chiaroscuro" che il verdetto potrà aprire, il Garante della privacy, Antonello Soro, ha invitato alla prudenza e ha ricordato che questa modalità operativa non deve essere la prassi.

La sentenza

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che la sorveglianza occulta dei propri dipendenti può ritenersi lecita.

La Grande Chambre ha però precisato che non si configura alcun reato solo se il ricorso a telecamere nascoste è, per il titolare dell'azienda, l'unico modo per individuare eventuali responsabili di frodi che potrebbero cagionare gravi perdite economiche alla società.

Il verdetto d'appello ha ribaltato una sentenza relativa ad un caso di videospionaggio a carico dei lavoratori dipendenti, pronunciata dalla stessa Cedu solo un anno fa, durante il giudizio di primo grado. Tutto è iniziato nel 2009. Dopo aver rilevato importanti ammanchi e discrepanze tra scorte di magazzino e venduto (per perdite pari a 82mila euro in pochi mesi), il manager di un supermercato della provincia di Barcellona ha pensato di correre ai ripari installando un sistema di videosorveglianza.

Alcune telecamere furono messe, in maniera ben visibile, all'ingresso dell'esercizio commerciale, mentre altre, nascoste, vennero orientate sui punti cassa. Nel giro di una decina di giorni vennero sorpresi a rubare cinque commessi. I dipendenti furbetti vennero subito licenziati, ma decisero di portare in tribunale il loro datore di lavoro sostenendo che, installando delle videocamere nascoste, aveva violato la loro privacy.

La magistratura spagnola rigettò la loro tesi, ma i lavoratori non si diedero per vinti ed il loro caso finì davanti alla Corte di Strasburgo. Qui, le loro istanze vennero accolte e, a questo punto, il governo spagnolo decise d'intervenire e presentò un ricorso. La sentenza, inappellabile, della Grande Camera ha riconosciuto che, in considerazione delle specifiche circostanze, non vi è stata alcuna violazione dei diritti dei lavoratori, in quanto la decisione di installare telecamere nascoste era da ritenersi giustificata dalle gravi perdite subite e da sospetti ben fondati.

Il Garante della privacy: 'Non è la prassi'

La decisione di Strasburgo, destinata a fare giurisprudenza, avrà un'immediata ricaduta su tutti i 47 Paesi membri del Consiglio d’Europa. Il Garante della privacy, Antonello Soro, ha commentato la sentenza della Grande Camera precisando che se da una parte, nel caso di specie, si giustifica l'utilizzo delle telecamere nascoste, dall’altra si conferma che il principio di proporzionalità è un requisito essenziale di legittimazione dei controlli in ambito lavorativo.

Il "videospionaggio", dunque, è stato ritenuto ammissibile solo perché sono stati individuati precisi presupposti. "Non può - ha concluso Soro - diventare una prassi ordinaria".