L'azione militare lanciata da Recep Erdogan nel nord della Siria potrebbe essere arrivata ad un 'punto morto'. Da ieri pomeriggio, infatti, l'esercito regolare siriano inviato da Bashar al-Assad controlla la località di Manbij, sulla sponda occidentale del fiume Eufrate ed ha frenato le milizie arabe filoturche. In pratica le forze armate di Damasco hanno preso il posto della coalizione internazionale anti-Isis a guida USA, dopo che Washington ha ufficializzato il ritiro delle sue truppe dall'area. Da parte russa, dopo l'ok all'avanzata dall'esercito siriano in supporto dei curdi del Rojava, giunge una mossa concreta per evitare il rischio di uno scontro in campo aperto tra gli eserciti turco e siriano: è stata infatti schierata la polizia militare come forza di interposizione lungo il perimetro di Manbij, onde evitare qualunque contatto tra i due opposti schieramenti.

Le rassicurazioni dal Cremlino: 'Turchia in contatto con Damasco'

Vladimir Putin, dopo l'azzardo concordato con l'alleato siriano, ha dunque deciso di mettere il proverbiale 'ferro dietro la porta'. Da parte del Cremlino arrivano ampie rassicurazioni: "Non permetteremo alcuno scontro tra Turchia e Siria", motivo per cui sono stati schierati reparti speciali della polizia militare per prevenire il rischio. Inoltre sempre da Mosca viene reso noto, come riporta anche l'Agi, che "la Turchia è in contatto in tempo reale con Damasco", grazie al lavoro dei rispettivi ministeri degli Esteri e della Difesa e dei servizi di intelligence. La mossa concreta di Mosca e Damasco impone il primo, vero stop all'operazione militare paradossalmente definita 'Fonte di pace' da Ankara.

La mossa successiva sarà quella di mettere in sicurezza Kobane che dovrebbe essere occupata dal soldati di Assad, 'scortati' anche in questo caso dai russi.

Trump minaccia sanzioni ed invia Pence ad Ankara

Dopo aver ritirato le proprie truppe, Donald Trump ha comunque ammonito severamente la Turchia invitando Erdogan a desistere dalla propria azione.

In caso contrario, l'intenzione dell'amministrazione di Washington è quella di mettere in atto pesanti sanzioni economiche. In tal senso ha inviato il vice presidente Mike Pence ad Ankara per chiedere al governo turco il 'cessate il fuoco'.

Erdogan al momento non cede

Sul fronte di Ankara, stando ai proclami, Recep Erdogan non sembra avere intenzione di mollare la presa.

"Metteremo in sicurezza l'intero confine con la Siria da Manbij al confine con l'Iraq", sono le sue parole, riportate anche dall'Huffington Post. Il presidente turco ribadisce inoltre l'obiettivo di "conquistare più territorio possibile e mandare a casa i rifugiati, un milione in una prima fase e due in una seconda". Erdogan torna inoltre a fare la voce grossa con l'Unione Europea: "O sostengono gli sforzi del nostro Paese o iniziano ad accettare i rifugiati". Al vice presidente Fuat Oktay è invece affidata la risposta alla minacce della Casa Bianca: "Ripuliremo il nostro confine dai terroristi e, se vogliono sanzionarci per questo, facciano pure".

Anche Londra sospende la fornitura di materiale militare alla Turchia

Intanto in Europa anche il Regno Unito si accoda a Germania, Francia, Olanda, Paesi scandinavi ed Italia che hanno sospeso le forniture di materiale militare alla Turchia. Londra va oltre, definendo l'azione "sconsiderata perché sta rafforzando la posizione della Russia e di Assad". Nel contempo il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si riunirà a breve per esaminare la situazione nel nord della Siria, anche e sopratutto dal punto di vista umanitario. L'area, dopo l'incursione delle forze turche, starebbe vivendo una drammatica emergenza con oltre 275 mila sfollati tra cui 70 mila minori, stando alle fonti curde.