Ieri sera, 24 febbraio, è andata in onda in seconda serata la trasmissione ‘Frontiere’ su Rai 1, condotta dal giornalista Franco Di Mare e dedicata ad uno dei temi più dibattuti degli ultimi giorni, cioè il contagio da coronavirus. Ha riferito lo stato della situazione, dalla sede operativa della Protezione civile, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “Lei ha definito draconiane le misure che sono state adottate. Questi provvedimenti di natura cautelativa e di contenimento del virus ad alcuni sembrano eccessivi, ad altri invece non sufficienti.

Ci vuole spiegare?”, chiede il giornalista al Premier impegnato in prima linea sul fronte caldo delle operazioni messe in campo per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. “Il primo commento che posso fare è che dobbiamo fidarci degli esperti. Noi agiamo sempre in funzione delle raccomandazioni del comitato tecnico-scientifico. Non possiamo improvvisarci in questo tipo di emergenza”. L'Italia affronta per la prima volta un’emergenza sanitaria importante. “Dobbiamo contenere il contagio e dare fiducia agli scienziati. Le misure adottate sono proporzionate in base alle loro indicazioni. Il fatto che la diffusione del virus sia stata così veloce dipende dal fatto che si è verificato un contagio ospedaliero, quindi c’è stato il coinvolgimento dei pazienti ma anche del personale sanitario”.

Così oggi si risponde di questi numeri. “I focolai sono due e da lì c’è un effetto diffusivo che stiamo cercando di contenere. Le misure sono draconiane”, rassicura Conte. Ma l’esperto Walter Ricciardi mette in guardia. “Il virus è più contagioso della SARS”.

La traiettoria seguita dal virus è causale

“Quando ci sono questi focolai non c’è distinzione tra Nord e Sud.

La conformazione territoriale qui non ha rilievo. Il fatto che i focolai si concentrino al Nord rappresenta qualcosa di episodico”, spiega Conte. “Il sistema sanitario nazionale è costituito su base regionale e da questo punto di vista non è predisposto per affrontare un’emergenza nazionale come questa”. In queste ore si lavora per costruire un collegamento con le regioni tramite il braccio armato della Protezione civile, operando un coordinamento che è assolutamente necessario.

“Se non ci muoviamo all’unisono con un criterio condiviso, non riusciremo a trattare in modo efficace il fine che ci siamo preposti, cioè quello di contenere il contagio da coronavirus. Se non ci riusciremo, dovremo adottare nuove misure che contengano le prerogative dei singoli governatori regionali, prendendo provvedimenti più incisivi”.

I numeri del contagio spiegati dal professore Nino Cartabellotta

“Attualmente abbiamo 229 casi di coronavirus accertati, di cui 174 in Lombardia, prevalentemente nel focolaio del basso lodigiano. Poi però ci sono dei cluster, cioè casi isolati che non possiamo definire come focolai”, spiega il professore Nino Cartabellotta che nel 1996 ha fondato il GIMBE (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze).

“L’altro focolaio è nel Veneto dove si contano 25 casi. Ancora, si registrano 8 casi in Emilia Romagna, ma in questa circostanza non si tratta di residenti della regione quanto piuttosto di cittadini che risiedono nel lodigiano e che sono stati ricoverati a Piacenza, a cui si aggiungono 3 casi a Torino e uno registrato in Alto Adige”. In realtà, c’è stato un buco non lunghissimo tra il momento in cui è stato chiuso l’aeroporto di Wuhan, la città della Cina dove è nato il Covid-19, e la chiusura degli aeroporti italiani. “Chi viaggiava in quel momento, ha potuto trasmettere il virus”, dice il professore.

La paura del contagio spiegata da Paolo Crepet e dagli altri esperti

“Questa da oggi è la più grande esperienza psicopatologica di massa che abbiamo conosciuto”, spiega il noto psichiatra Paolo Crepet, mentre la dottoressa Barbara Gallavotti, biologa e giornalista scientifica, individua la radice della paura collettiva.

“Per moltissimo tempo le malattie infettive sono state qualcosa di invisibile. Il fatto che per questo virus non si abbia un vaccino, aumenta il clima di incertezza e paura”. Proprio la paura investe le grandi città italiane e influenza quegli eventi che appartengono al costume popolare come quelli legati al calcio. “Questo comporta un’espansione dal punto di vista psicologico di un’ossessione grave. Ci sono le possibilità che questa cosa vada avanti, ma il vero problema è il contagio dei normali, cioè di quelli che conducono una vita qualsiasi”, spiega Crepet. “Le persone cominceranno a pensare posso andare in metro? Posso andare al cinema? Allora, quando queste domande se le porranno non poche migliaia di persone, ma milioni di persone, la situazione sarà complessa”.

Sulla gestione di situazioni ansiose, sarebbe necessario imparare a riconoscere la propria paura imparando a gestirla. “Bisogna essere solidali tra di noi e non cercare falsi nemici, appoggiarsi agli altri membri della nostra specie e combattere insieme contro un nemico comune”, dice la dottoressa Gallavotti. Invece, Ilaria Capua, nota virologa italiana e che dirige il One Health Center of Excellence dell'University of Florida, non esclude che in futuro possano ripetersi situazioni simili, però sottolinea la necessità di imparare a gestirle con meno panico e più collaborazione. Ad ogni modo, Crepet conclude: “Dobbiamo essere maturi, non possiamo comportarci da bambini che semplificano troppo e non agire come dei pazzi che ci si rinchiudono in se stessi”.

I rischi del contagio da coronavirus

Il direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom, ha prospettato in merito alla diffusione del coronavirus una possibile pandemia. “Può succedere realmente una cosa del genere?”, chiede Franco Di Mare all’esperto Walter Ricciardi, membro del Consiglio Esecutivo dell’OMS e consigliere per le relazioni internazionali del ministro della Salute Roberto Speranza. "Questo è quello che stiamo cercando di evitare. Pandemia significa che l’epidemia si espande in tutto il globo, però non è la situazione di oggi”. Non è un caso che il direttore generale dell’OMS si esprima in questi termini. “Perché se c’è una pandemia, allora dobbiamo essere preparati.Quindi bisogna lavorare moltissimo per contenere e mitigare la diffusione del virus Covid- 19”.

L'andamento del contagio e la fase di plateau in Cina

I dati ci indicano che ci sono circa 80000 casi di coronavirus in tutto il mondo e fuori dalla Cina ne abbiamo meno del 3 per cento. “C’è un trend preciso, cioè in Cina il contagio si sta appiattendo raggiungendo quasi la fase di plateau, mentre negli altri paesi e in particolare in Italia la curva sale”, spiega il professore Nino Cartabellotta. “Questo significa che ci sono stati dei tempi nei quali il virus si è diffuso in Cina, e che nel resto del mondo oggi si accendono dei focolai o dei cluster, cioè casi isolati”. In merito agli effetti del contagio, c’è però da dire un’altra cosa. “Le vittime che abbiamo avuto a causa del coronavirus, probabilmente sarebbero decedute anche contraendo una normale influenza, perché presentavano un quadro clinico già compromesso”.

Ad oggi, però, si registrano 7 decessi su un totale di 229 contagiati. Questo vuol dire che abbiamo un tasso grezzo di mortalità del 3 per cento. “Se ne può dedurre che nonostante i numeri italiani siano ancora ridotti, ci allineiamo ai tassi di mortalità presenti nel resto del mondo”. Inoltre, il professore spiega cosa potrebbe accadere nei prossimi giorni in Italia.“Avverrà certamente un incremento dei casi, ma questo fatto deve essere visto come il segno di una grande efficacia del sistema sanitario nazionale attraverso proprio l’identificazione di tutti questi casi”. Ma andiamo ai numeri. “Abbiamo 101 pazienti ricoverati, 27 in terapia intensiva e 94 in isolamento domiciliare. Il numero dei pazienti ricoverati e quelli in terapia intensiva genera una certa paura tra le persone.

Ci sono pazienti molto gravi, ma la patologia non è particolarmente severa. Si tratta di una patologia più grave dell’influenza ma non raggiunge i livelli di mortalità della SARS”. Il coronavirius è molto contagioso, ma non ha mortalità elevata. “La battaglia contro il Covid-19 può essere vinta solo se c’è la collaborazione di tutti”.

I bambini non si ammalano gravemente

I bambini sono i soggetti meno colpiti. Non si registrano casi gravi nei bambini inferiori a 15 anni, soprattutto nessun decesso in Cina e nel resto del mondo. “Questo è davvero molto positivo”, afferma il noto virologo Roberto Burioni. “I più piccoli sembrano essere meno vulnerabili, ma dall’altra parte il fatto si prospetta come una notizia pericolosa, perché i bambini potrebbero contrarre la malattia in modo asintomatico, diffonderla e portarla a casa infettando i genitori”.

Ma in merito alla possibile infezione nei bambini, Paolo Crepet avverte: “Quella che il virus possa infettare i bambini è una paura irrazionale, anche se i virologi ci rassicurano su questo. Per le mamme è normale essere preoccupate, non possiamo demonizzare chi ha paura”. Non c’è però da preoccuparsi dei sintomi generici, perché nella maggior parte dei casi manca il rischio specifico di essere entrati in contatto con una persone che sia stata in una zona a rischio, cioè una zona focolaio. “Solo se un bambino presenta dei sintomi importanti, dobbiamo fare riferimento innanzitutto al nostro medico curante e andare in ospedale solo se c’è realmente bisogno”, spiega il professore Alberto Villani, presidente della Società Italiana di Pediatria.“Bisogna avere uno stile di vita corretto, facendo in modo che il bambino dorma un certo numero di ore e che si alimenti in modo adeguato. Mangiare sano è molto importante. Si dovrebbe mangiare tanta frutta e verdura”.