Bergamo continua a essere la città che sta pagando il tributo più grande in termini di morti e contagiati causati dal Coronavirus. Nella mattinata di oggi, venerdì 20 marzo, è arrivata la notizia della morte di un carabiniere di soli 46 anni. L'uomo, che da anni prestava servizio con l'Arma, lascia una moglie e una figlia di soli 10 anni. Il carabiniere era ricoverato nella struttura ospedaliera Papa Giovanni XXIII.
La pagina Facebook dei Carabinieri saluta Claudio, vittima del virus
Un messaggio di cordoglio è arrivato dalla pagina ufficiale Facebook dei Carabinieri: "Anche oggi la Centrale Operativa di Bergamo risponderà alle chiamate di emergenza che arriveranno.
Ma tra le voci dei tanti militari che risponderanno, da oggi non ci sarà più quella di Claudio, Appuntato Scelto Qualifica Speciale dei Carabinieri. Claudio è una vittima del coronavirus. Molto difficilmente lo avrete incontrato in servizio in giro per la città: Claudio era uno degli operatori che rispondeva al 112. Raccoglieva paura, emergenze, a volte solo il bisogno di dialogare. A 46 anni lascia una moglie e una figlia che la nostra grande famiglia dei Carabinieri sta già abbracciando con amore. Claudio lascia il ricordo degli uomini invisibili ma che sono in grado di cambiare per sempre le vite delle persone in pochi istanti. Grazie Claudio, buon viaggio". L'uomo era ricoverato in terapia intensiva dal 13 marzo.
Negli ultimi giorni le sue condizioni sono progressivamente peggiorate e i medici non sono riusciti a salvargli la vita.
L'immunologo Le Foche: 'Atalanta-Valencia potrebbe essere stata la partita zero'
Intanto l'immunologo Francesco Le Foche, analizzando la situazione dei contagi nella città di Bergamo, mette sotto accusa il match tra Atalanta-Valencia giocato in Champions League: "A Bergamo ci sono stati tanti catalizzatori che hanno fatto esplodere la diffusione della malattia.
Uno di questi catalizzatori, probabilmente, è stato il match tra Atalanta e Valencia. L'apice dell'entusiasmo di quella occasione potrebbe aver portato a tanti contagi: ci sono state tante persone vicine ed euforiche che si abbracciano. C'è stata, in quella occasione, una giustificata enfasi collettiva da parte di una tifoseria appassionata all'interno della quale ci sarebbero potute essere anche persone febbricitanti o asintomatici che potrebbero aver contribuito a diffondere il virus.
Con il senno di poi possiamo dire che è stata una follia decidere di giocare quella partita a porta aperte. Però all'epoca c'erano ancora molti aspetti che non erano chiari: giocare a porte aperte ora sarebbe una follia, e infatti è stato chiuso tutto".