"Il sole può esser cruciale per limitare la diffusione del virus". A parlare è il virologo, specialista in malattie infettive, americano Joseph Pair che sostiene anche di aspettarsi che nei prossimi mesi di primavera e estate un possibile calo delle infezioni. Fatto che - aggiunge - già accade in maniera normale per i fenomeni di influenza e raffreddore. Il fatto, spiega il virologo, non è legato al calore ma alla lunghezza delle giornate e con l'esposizione alla luce del sole che inattiva il virus attraverso la luce UV.

Se, come naturale, scienziati e medici sono alla ricerca di cure efficaci e, magari, di un vaccino, il mondo dei ricercatori si sta impegnando in studi per analizzare i rapporti che ci possono essere tra la diffusione del virus e le condizioni climatiche.

Negli Stati del Sud degli Stati Uniti meno contagi che in quelli del Nord

La domanda costante che ci si pone in queste settimane è, saranno sufficienti l'arrivo dell'estate e il sole a fermare la diffusione del virus? Per dare una risposta a questo c'è una analisi effettuata dal Mit di Boston che evidenzia che il numero più alto di casi di Covid-19 si è verificato in zone nelle quali le temperature erano tra i 3 e i 13 gradi. Realtà con temperature medie al di sopra dei 18 gradi invece hanno visto dei dati bassissimi di contagio.

Il Mit ha studiato il caso, ovviamente, con una attenzione particolare per gli Stati Uniti. Dal modello emerge come negli Stati del Sud come Arizona, Florida e Texas si è registrata una crescita della diffusione del contagio molto più lenta rispetto agli Stati del Nord degli Usa come ad esempio Colorado, Washington o New York che è la realtà americana che sta facendo registrare il maggior numero di contagi.

Alle stesse conclusioni sono giunti anche due studiosi, uno finlandese e uno spagnolo, che sono arrivati a dire che il 95% dei casi positivi in tutto il mondo si è verificato in condizioni piuttosto asciutte e con temperature comprese tra i meno due e i dieci gradi.

Una seconda ricerca sulle città cinesi a gennaio, nel primissimo periodo dell'epidemia, ha consentito di scoprire che nelle città umide e calde c'era un tasso di diffusione del contagio molto più lento di come avveniva in quelle secche e fredde.

Naturalmente si tratta ancora di studi che non hanno avuto ancora una revisione scientifica.

Il tema cruciale è legato alle radiazioni solari

Il tema cruciale quindi non è il caldo o l'estate in sé. Quello che potrà essere decisivo è il ruolo delle radiazioni solari. La sostanziale efficacia delle radiazioni UV nell'uccisione di batteri e germi è nota da secoli. Questi raggi hanno il potere di riuscire a penetrare in profondità nei tessuti. E allo stesso tempo dare un colpo irreparabile a germi e batteri rendendo di fatto il virus inattivo.