Il collaboratore di giustizia Alessandro Campana, originario di Mesagne, in provincia di Brindisi, è stato trovato impiccato presso la località segreta in cui si trovava protetto da tempo. Gli inquirenti non hanno dubbi, si è trattato di un gesto volontario. Campana era un volto noto nel panorama della Sacra Corona Unita, la criminalità organizzata locale, ma da diversi anni (per l'esattezza dal 2015) aveva iniziato a collaborare con gli inquirenti, rivelando i più grossi segreti dell'organizzazione pugliese di stampo mafioso.
Nel corso di questi ultimi tempi erano state utili le dichiarazioni rese dallo stesso alla Dda (Direzione distrettuale antimafia) le quali riguardavano anche numerosi fatti di sangue avvenuti in provincia e non solo.
Alessandro aveva 45 anni e nonostante avesse confermato agli inquirenti la propria adesione alla Scu ha sempre dichiarato di non aver mai personalmente ucciso nessuno nè di aver mai commissionato alcun delitto.
Il racconto dell'affiliazione
La Dda ha raccolto le sue dichiarazioni in un fascicolo lungo 200 pagine, nel quale Alessandro Campana racconta passo per passo tutta la sua carriera all'interno della Scu. Il 45enne dichiarò di essersi affiliato nel 1992, quando conosceva un certo Eugenio Carbone: "Con Eugenio camminavo prima di affiliarmi, infatti all'epoca, quella formale non era immediata ma seguiva un periodo di prova che poteva durare anche qualche anno" disse Campana a proposito dei suoi primi momenti nella Scu.
Dopo diverso tempo l'uomo raggiunse i vertici dell'organizzazione venendo elevato al grado di Quarta, detto "Santa", nel 1998. Egli stesso spiegò che Giuseppe Rogoli, presunto affiliato della 'Ndrangheta e ritenuto uno dei fondatori della Sacra Corona Unita, "non era presente fisicamente ma era lui il capo, l'uomo necessario per conferire il grado".
Campana nei verbali: 'Oggi le regole sono meno rigide'
Secondo quanto riporta la testata giornalistica online Brindisi Report, nei verbali della Direzione distrettuale antimafia, Campana Alessandro ha spiegato che il fatto di non essersi mai sporcato le mani di sangue non era in contraddizione con il grado elevato che aveva ricoperto sino ad allora.
Il collaboratore di giustizia, in quel frangente, spiegò che a differenza del passato, per ricoprire gradi elevati in seno all'associazione non c'era bisogno di compiere o autorizzare delitti. L'uomo rivelò anche importanti informazioni sui rituali interni alla Scu e informò gli investigatori del fatto che questi ultimi, almeno all'epoca, erano meno rispettati che nel passato.