Mentre il paese lotta ancora duramente contro il Coronavirus, giunge da Roma una dura testimonianza resa dal giornalista Cristiano Brughitta, che ha raccontato la sua lotta contro il virus facendo affermazioni molto forti sulla macchina dei soccorsi e sui protocolli sanitari. Brughitta, in particolare, ha ammesso di aver violato le regole per cercare di salvarsi la vita.

Il giornalista positivo testimonia di non essere riuscito ad avere soccorso

Cristiano Brughitta, 59 anni, si sente ora un sopravvissuto. L'uomo, di professione giornalista, sta bene, ma ci tiene a raccontare alla stampa cosa gli è accaduto una volta contratto il Covid-19.

"Non posso smettere di pensare che sono vivo perché sono stato costretto a infrangere le regole" ha dichiarato l'uomo a Il Messaggero.

Le sue disavventure iniziano, come quelle di tanti altri, con febbre alta e sintomi influenzali. Nel suo caso il malessere continua per giorni e la temperatura supera i 39 gradi. Brughitta cerca di correre al riparo seguendo i protocolli e nei 10 giorni successivi, nei quali non accenna a migliorare, chiama i numeri predisposti per 3 volte, senza ricevere soccorsi.

Il problema, spiega il giornalista, è che le autorità sanitarie domandano ai malati se sono in grado di ricostruire eventuali incontri a "rischio", insomma, contatti con pazienti a loro volta positivi.

Cristiano Brughitta non può indicare contatti certi con positivi e così, ha spiegato, non ha potuto ricevere il tampone.

Secondo quanto riportano i protocolli il paziente sarebbe dovuto essere ricontatto dall'Asl di riferimento, ma non è avvenuto neanche questo.

La decisione di violare la quarantena e raggiungere l'ospedale

Il 26 marzo sono più di 10 giorni che il giornalista accusa sintomi gravi ricollegabili al Coronavirus.

Così, dopo 3 chiamate al 118 e aver allertato il medico di base, senza aver ricevuto alcuna terapia, l'uomo decide di violare la quarantena e fare quello che, per un sospetto positivo, sarebbe vietato: andare in ospedale.

Cristiano Brughitta si presenta all'ospedale romano Sant'Eugenio, dove viene soccorso. Viene sottoposto agli accertamenti di rito, che evidenziano chiaramente la polmonite in atto.

Il secondo giorno di ricovero viene confermato che l'uomo è positivo al Covid-19.

I parenti del giornalista non testati per il virus

La storia di Cristiano Brughitta però, non si conclude con un vero lieto fine. L'uomo sta meglio. è vero, ma lamenta che anche dopo la scoperta della sua positività, arrivata solo in seguito alla violazione delle norme, la macchina sanitaria per l'isolamento del virus non ha funzionato. Secondo quanto previsto dal protocollo dello stesso Ministero della Sanità, infatti, coloro i quali sono venuti certamente in contatto con un positivo accertato dovrebbero immediatamente essere sottoposti al tampone, cosa che ad oggi non è avvenuta per la moglie del protagonista della vicenda.