Da Bergamo arriva una testimonianza commovente e carica di speranza. Rocco, una delle oltre 200mila persone che, in questi mesi, ha contratto il Covid-19 ha voluto raccontare, in una lettera aperta inviata al quotidiano L'Eco di Bergamo, il suo calvario, ma anche la gioia della guarigione. Il Coronavirus, per la provincia orobica e la Lombardia, ha rappresentato una delle pagine di Cronaca Nera più terribili di sempre. Dall'inizio della pandemia ad oggi, venerdì 29 maggio, si sono registrati 16.012 decessi.

Rocco e il ricovero per Covid-19

Il calvario di Rocco è iniziato il 3 marzo scorso.

Come ha raccontato nella sua missiva al quotidiano bergamasco, al rientro dal lavoro si sentiva "in piena forma", ma nel giro di poche ore sono comparse tosse e febbre alta. Per 13 giorni ha provato a curarsi a casa, ma senza risultati significativi. Lunedì 16 marzo, infatti, il suo quadro clinico è peggiorato sensibilmente. Al punto che il suo medico curante, durante una visita a domicilio, ha allertato il 112 e il 118, disponendo il ricovero ospedaliero.

Gli ospedali bergamaschi, in quelle settimane, erano al collasso e il trasferimento in ospedale, a Treviglio, si è concretizzato solo in tarda serata, intorno alle 23. "Ho salutato moglie e figlia con il cuore in gola, trattenendo le lacrime a stento" ha ammesso il lettore dell'Eco.

L'uomo è stato preso in carico dall'ASST Bergamo Ovest solo diverse ore più tardi: intorno alle 3.30 del 17 marzo, e qualche giorno dopo, il suo quadro clinico è peggiorato ulteriormente. Così, dopo avergli applicato il casco cpap (atto a garantire la ventilazione meccanica a pressione positiva continua) i medici lo hanno informato di un imminente trasferimento in terapia intensiva all'estero.

"Non essendoci posti reperibili a Treviglio e in Italia - ha spiegato l'uomo - con un volo militare mi avrebbero portato a Dresda, in Germania. In quel momento mi è crollato il mondo addosso, ho avuto solamente il tempo di affidarmi alla Madonna del Carmelo".

'Avevo paura di chiudere gli occhi'

Rocco è stato in coma farmacologico per cinque lunghi giorni e, per sopraggiunte complicazioni, ha rischiato di morire. Fortunatamente, però, la terapia ha fatto effetto e si è risvegliato.

Quando ha riaperto gli occhi, il lettore bergamasco, ha pensato di essere ancora in volo per la Germania. In realtà, l'uomo, non ha mai lasciato Treviglio. Per ragioni burocratiche, infatti, il trasferimento non è mai avvenuto.

I giorni in rianimazione, per Rocco, sono stati molto difficili. "Dormivo pochissimo perché pensavo costantemente alla mia famiglia e in particolare alla mia primogenita che si trovava in Francia" ha dichiarato. "Questo mi dava forza anche se non chiudevo gli occhi per paura di non poterli riaprire più".

L'uomo, poi, ha ricordato, commosso, la prima chiamata alla moglie, il trasferimento in altri reparti (prima in OBI, Osservazione Breve Intensiva, e poi in Medicina) e le dimissioni.

"Era Venerdì Santo - ha precisato Rocco - ma per me è stata Pasqua di resurrezione".

Il ringraziamento a medici e infermieri

Nei giorni trascorsi in ospedale, Rocco, ha avuto modo di vedere da vicino la drammatica portata del coronavirus. "Pensando a tutte le persone morte - ha affermato - io mi sento fortunato". Tuttavia, il lettore bergamasco è ben consapevole di "non aver fatto tutto da solo". Familiari e amici, lo hanno sostenuto con la preghiera, mentre i medici e gli infermieri dell’ospedale di Treviglio lo hanno salvato.

"Quello che mi hanno dato non potrò dimenticarlo mai" ha spiegato, sottolineando che lo scopo della sua lettera è, principalmente, quello di ringraziarli pubblicamente per la dedizione, l'abnegazione e l'umanità profuse.

Più di una volta, infatti, lo hanno incoraggiato e gli hanno infuso forza e speranza. "Dai Rocco - gli hanno ripetuto - stai andando bene, dai che ce la fai". Un dottore in particolare lo ha spronato pronunciando una frase diventata un mantra (e un hashtag) in tutta la Bergamasca: "Mola mia". "Quelle parole - ha concluso - avevano lo stesso effetto dell'ossigeno".