Il Coronavirus è diventato meno aggressivo? Assolutamente no per Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Medicina molecolare e virologica dell’università di Padova. Ad Agorà, il professore che è uno dei maggiori esponenti del 'modello Veneto' di uscita dall'emergenza pandemia, ha bollato come "chiacchiere" le indicazioni date da altri esperti sul fatto che in questa fase il virus avrebbe perso forza.
Studi non validi basati su osservazioni estemporanee
"Se la carica virale è bassa, chi dice che il virus non è infettivo?". Ospite di Serena Bortone, in collegamento con lo studio di Agorà, Crisanti ha smentito categoricamente teorie secondo le quali, a questo punto, ci sarebbe stata una mutazione del virus che lo avrebbe indebolito.
A detta dell'esperto e consulente della Regione Veneto, sono studi basati su osservazioni estemporanee e non su esperimenti, e quindi non validi.
Crisanti ha riferito che ci sarebbe solo un modo per verificare realmente se il virus sia meno aggressivo, e cioè infettare degli animali e vedere cosa accade, ma non avendo a disposizione animali che si infettino non si può verificare se il virus sia più o meno infettivo, più o meno virulento, e "tutto il resto sono chiacchiere". Vero è, per il professore, che oggi chi si infetta si ammala meno gravemente di prima, ma la carica virale si è abbassata grazie all'uso di mascherine e al distanziamento sociale. Ciò non ha nulla a che vedere con mutazioni del virus.
Se fosse vero che il virus è mutato da noi in Italia, allora, per Crisanti, dovrebbe mutare anche in Brasile, negli Usa e in Germania: l'avanzata della pandemia nel resto del mondo, non permette di trarre conclusioni del genere.
Dubbi sugli asintomatici, certezza sul ritorno di contagi
Sugli asintomatici, Crisanti ha spiegato che allo stato attuale delle conoscenze sul coronavirus, nessuno è in grado di dire se siano meno contagiosi dei sintomatici.
Quel che si sa, è che in malattie quali varicella, morbillo, tubercolosi, "gli asintomatici sono molto più infettivi dei sintomatici", perché chi si ammala e sta a letto ha meno possibilità di trasmettere l'infezione rispetto a chi non ha sintomi.
Invece, il ritorno dei contagi in Italia, per Crisanti non è una possibilità, ma una certezza.
Lo dimostra, per il virologo, il caso della badante che, tornata a Padova da un paese extraeuropeo, ha contagiato un'intera famiglia. Infine, a Serena Bortone che ha posto a confronto i modelli di Veneto e Lombardia nella gestione dell'emergenza, il virologo ha detto che le due regioni erano partite quasi con lo stesso numero di casi. A fare la differenza, sarebbe stato il comportamento nella prima fase di emergenza: "Per una settimana, mentre noi isolavamo capillarmente tutti i casi, in Lombardia pensavano a far ripartire Milano“.
Crisanti critiche all'Oms: messaggi incoerenti
Ad accentuare il disorientamento di professionisti dell'informazione e cittadini sul virus ancora in gran parte sconosciuto, secondo Crisanti, non sarebbero solo notizie infondate e studi privi di riscontri scientifici.
Una responsabilità a sé, non meno rilevante, per l'esperto ce l'avrebbe l'Organizzazione mondiale della Sanità a causa di messaggi incoerenti che lasciano nello sconcerto anche il mondo scientifico, la sanità pubblica e i governi.
Ad esempio, secondo le ultime indicazioni dell'ente, non servirebbe più il doppio tampone negativo perché una persona sia indicata come non più infetta, ma basterebbero tre giorni senza sintomi. Crisanti ha sottolineato che quest'affermazione è infondata perché la scienza si basa su dati precisi. Forse l'Oms ha fatto una simile dichiarazione per andare incontro ai paesi in via di sviluppo, agli stati più fragili che non riescono a fare tamponi. Ma "andava qualificata" perché, ora, i vari governi non sanno come comportarsi. Nel corso della pandemia, inoltre, secondo il virologo, l'Oms non si è contraddistinta né per tempestività, né per esattezza.