Si sentivano intoccabili i sei carabinieri, dall'appuntato al comandante di stazione, arrestati ieri a Piacenza. Uomini dello Stato che, secondo l'accusa, agivano come una banda criminale, cinica e senza scrupoli. Un'intera stazione dell'Arma, quella di Levante di via Caccialupo, nel centro di Piacenza, subito ribattezzata 'caserma della vergogna', è sotto sequestro: una vicenda senza precedenti nella storia italiana.
Le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza in collaborazione con la polizia locale e coordinate dalla Procura piacentina, sono durate sei mesi.
Gli inquirenti hanno raccolto 75 mila intercettazioni telefoniche ed ambientali, oltre a messaggi, da cui si evincerebbe un comportamento da parte dei militari proprio di un'associazione a delinquere, secondo una definizione che gli stessi arrestati si erano dati. Tra i reati, contestati a vario titolo e che sarebbero stati commessi dal 2017, traffico e spaccio di droga, torture, arresti illegali, estorsioni, lesioni personali aggravate, peculato, abuso di ufficio, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, perquisizioni ed ispezioni personali arbitrarie, violenza privata aggravata e truffa ai danni dello Stato.
Carabinieri arrestati, 'Siamo irraggiungibili'
Ai sei carabinieri arrestati, si aggiungono quattro militari indagati e altre 12 persone coinvolte nell’inchiesta.
I militari si consideravano 'irraggiungibili': in una delle intercettazioni più emblematiche, l'appuntato Giuseppe Montella, ritenuto dagli inquirenti il capo della banda dei carabinieri 'infedeli', diceva: 'A noi non arriveranno mai, siamo troppo in alto'. L'intercettato parla di 'piramide' riferendosi ad affari non leciti.
Gli sono stati sequestrati una villa con piscina, un'auto di grossa cilindrata, una moto e 24 conti correnti. Nella villa con piscina organizzava festini a base di champagne, anche durante il lockdown. Proprio a Pasqua, mentre l'Italia era blindata, una sua vicina aveva segnalato in forma anonima un assembramento proprio ai carabinieri della stazione di Levante.
L'appuntato che si trova ora in carcere, era stato avvisato dai colleghi che non avevano dato seguito alla segnalazione. Comunque, lui voleva arrivare a chi aveva fatto la segnalazione.
Durante l'emergenza coronavirus, quando Piacenza, una delle città più colpite dall'epidemia, contava i morti da Covid-19, nella caserma di Levante sarebbero state prodotte false autocertificazioni a favore di spacciatori. Documenti che avrebbero permesso ai pusher di recarsi a Milano e rifornirsi di droga. Ad accompagnarli sarebbero stati proprio i carabinieri indagati che avrebbero gestito il mercato della droga. Tra le intercettazioni, anche il sequestro e il pestaggio di pusher che avrebbero continuato a spacciare fuori dal controllo dei militari.
In una foto postata sui social si vede uno dei presunti spacciatori arrestato, due carabinieri e un'altra persona, tutti coinvolti nell'inchiesta, mostrare orgogliosamente banconote. Proprio negli uffici del comandante si sarebbe svolto anche un incontro con due escort. "Non c'è stato quasi nulla di lecito in quella caserma", ha detto il procuratore capo, Grazia Pradella, ieri in conferenza stampa, aggiungendo poi che "gli illeciti più gravi contestati sono stati commessi in pieno lockdown con disprezzo delle più elementari regole di cautela".
Carabinieri arrestati, la reazione del Comando generale
Il Comando generale dell'Arma ha annunciato "totale sostegno all'autorità giudiziaria". Il comandante generale dell'Arma, Giovanni Nistri, ha definito gli arrestati uomini indegni della divisa e gravissimi i reati di cui sono accusati.
Nistri ha annunciato che l'Arma procederà con il massimo rigore.
È già stata avviata un'inchiesta interna per stabilire eventuali responsabilità nella catena gerarchica: indaga la procura militare. Esecrabile per Nistri, è che un fatto del genere possa intaccare la fiducia dei cittadini nell'Arma, a fronte dei 100 mila carabinieri attivi ogni giorno sul territorio. In ambito locale, l'Arma ha allestito due stazioni mobili: con il nuovo comandante, ci sono otto carabinieri a gestire il presidio creato dopo il sequestro della caserma e gli arresti.
Ilaria Cucchi, 'Non chiamiamole mele marce'
Ilaria Cucchi nel commentare la vicenda ha detto che non è più il caso di parlare di "singole mele marce" all'interno dell'Arma perché i casi stanno aumentando.
Ha parlato di "fatto enorme e gravissimo" che le ha ricordato la vicenda del fratello Stefano. Arrestato nel 2009 per droga, Cucchi morì dopo una settimana all’ospedale Pertini di Roma. Lo scorso novembre, sono stati condannati in primo grado a 12 anni per omicidio preterintenzionale due carabinieri accusati del suo pestaggio.