Oggi, domenica 2 agosto, si commemora il 40° anniversario della strage di Bologna, una delle pagine di Cronaca Nera più terribili che il nostro Paese ricordi. La bomba alla stazione ferì almeno 200 persone e ne uccise 85.

Tra le vittime dell'esplosione c'erano anche i familiari del dottor Vittorio Bosio, medico comasco 66enne ormai in pensione. L'uomo ha voluto ricordare la sorella Anna Maria, il cognato Carlo e il nipotino Luca. La sua testimonianza è stata raccolta dai cronisti de Il Giorno.

Una serie di drammatiche coincidenze

Come ha ricordato il dottor Bosio, nel tardo pomeriggio del primo agosto 1980, Carlo Mauri, 32 anni, la moglie Anna Maria e Luca, il loro bimbo di 6 anni, lasciarono la propria abitazione di Tavernola, frazione di Como, per raggiungere un villaggio vacanze in provincia di Taranto.

Partirono in auto, ma alle porte di Bologna, un tamponamento in autostrada li costrinse a rivedere i propri piani e li spinse a proseguire in treno fino a Brindisi.

Il destino li portò alla stazione di Bologna la mattina del 2 agosto. Arrivarono poco prima dell'esplosione, avvenuta - come riportano le cronache dell'epoca - alle ore 10:25. Morirono fra le macerie del primo binario. L'ordigno, nascosto in una valigia lasciata nella sala d'aspetto di seconda classe causò il crollo dell'ala Ovest dell'edificio e uccise 85 persone. e ne ferì (in alcuni casi mutilandole) almeno 200.

Il ricordo del dottor Bosio

Nonostante siano passati quattro decenni da quel sabato, il dottor Bosio, ex direttore dell'Asst Lariana, non riesce ancora a parlare con serenità di quanto accaduto.

"È una cosa che non faccio volentieri" ha ammesso. Poi, ha ricordato che il giorno della strage era già partito per le vacanze e si trovava in campeggio in Puglia. Lì avrebbe dovuto ritrovarsi con la sorella, il cognato e il nipotino.

Non vedendoli arrivare, quindi, li ha cercati presso il villaggio turistico che avevano prenotato.

Saputo che sarebbero arrivati con il treno da Bologna, Vittorio, ha raggiunto la stazione di Brindisi per accompagnarli nella loro struttura. Lì, ha appreso dell'esplosione e, con il passare delle ore, la paura che i familiari fossero rimasti coinvolti è diventata una certezza.

Anna Maria era la sorella maggiore di Vittorio.

"Mi ha sempre difeso", ha spiegato, precisando che solo due anni li separavano. "Insieme abbiamo trascorso tantissimi momenti. Mi manca più ora - ha aggiunto - che non nei primi tempi". Questi quarant'anni, ha ammesso il medico, sono stati scanditi dalla ricorrenza che rinnova, ogni volta, il dolore. Un dolore che non si è mai alleviato, soprattutto per la madre, Lidia, oggi novantenne.

'La verità ancora non c'è'

In un primissimo momento, le autorità e le forze di polizia, attribuirono lo scoppio nella stazione di Bologna a cause fortuite e si parlò dell'esplosione di una vecchia caldaia posta nel sotterraneo dell'edificio. Presto, però, le indagini si concentrarono sugli ambienti del terrorismo nero.

In via definitiva, sono stati condannati gli ex terroristi di estrema destra dei Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR). Valerio Fioravanti, Luigi Ciavardini e Francesca Mambro sono stati considerati gli esecutori materiali della strage, mentre Gilberto Cavallini è stato accusato di concorso esterno. Ancora aperto, invece, il processo sui mandanti.

Dalla giustizia processuale, Vittorio Bosio, non si è mai aspettato molto. "Comprendo che la vicenda è complicata - ha commentato - sulle stragi, in parte, si è fatto giustizia, ma la verità ancora non c'è". Quindi ha concluso: "La mancanza di una verità completa lascia un po’ di amarezza".

Di verità ha parlato, stamani, anche il viceministro dell'Interno Vito Crimi, intervenuto alla cerimonia di commemorazione.

"La serietà impone che di fronte ai familiari si ponga un punto fermo" - ha dichiarato - "Dopo 40 anni si può solo chiedere scusa. Non è ammissibile non è accettabile la mancanza della piena verità piena sulla strage del 2 agosto 1980". "Quarant'anni senza una verità - ha precisato - sono un'offesa alla memoria dei morti e dei loro familiari".