Lo scorso primo settembre sono stati sequestrati diciotto pescatori siciliani dai militari libici di Khalifa Haftar a circa 35 miglia a nord di Bengasi; le due motopesca Antartide e Medinea di Mazara del Vallo si trovavano in acque libiche nella zona di mare ottima per pescare il gambero rosso. Tra gli ostaggi risultano anche il comandante del peschereccio "Anna Madre" e il primo ufficiale del "Natalino". Da più di dieci giorni sono tutti ospitati in una villa della capitale della Cirenaica, regione a est della Libia. La vicenda si sta evolvendo in una crisi internazionale in quanto il generale Khalifa Haftar, che controlla la zona libica della Cirenaica, ha dato ordine di liberare i pescatori solo dopo il rilascio da parte del governo italiano di quattro uomini libici detenuti in Italia; Haftar ha chiesto in definitiva uno scambio di prigionieri.
Chi sono i quattro detenuti libici
Tarik Jumaa al-Amami, di anni 24, Abd al-Karim al-Hamad, di anni 23, Abd al-Rahman Abd al-Monsif, di anni 23 e Mohannad Jarkess di anni 25 sono i quattro detenuti libici arrestati nel 2015 in Sicilia e condannati a 30 anni di carcere dalla Corte d'Appello del tribunale di Catania per traffico di esseri umani e per essere stati gli scafisti della strage di Ferragosto 2015 in cui morirono quarantanove migranti. I superstiti di quella strage raccontarono che gli scafisti in questione bloccarono con calci, bastonate e cinghiate i migranti nella stiva dell'imbarcazione causandone la morte per mancanza di ossigeno. Anche questi quattro uomini libici, secondo la loro versione, si erano imbarcati per fuggire dalla Libia e per avere un futuro nel mondo del calcio all'estero, infatti sono considerati in Cirenaica come calciatori innocenti e le autorità libiche ne chiedono l'estradizione.
L'intervento della Farnesina e l'appello dei familiari
Il Ministero degli Esteri sta trattando il rilascio dei nostri connazionali e infatti una delegazione governativa si è recata ultimamente a Bengasi, ma la trattativa risulta essere complessa. L'intelligence e l'ambasciata italiana sono al lavoro. Viene anche richiesto l'intervento del Ministero della Giustizia da parte dei familiari dei pescatori, i quali non ricevono notizie dei loro congiunti da giorni, chiedendo con apprensione informazioni sul loro stato di salute e un contatto telefonico tangibile e rassicurante.
I familiari hanno inoltre rivolto un appello al generale Khalifa Haftar e alla sua benevolenza, in quanto i loro mariti, padri, figli e fratelli si trovavano in quelle acque per svolgere unicamente il loro lavoro. I familiari dei marinai con gruppi di pescatori sono pronti ad andare a Roma per sollecitare le istituzioni a prendere misure efficaci affinché i nostri connazionali sequestrati tornino a casa il prima possibile.