Per nove anni, l'84enne Salvatore Di Grazia si è proclamato innocente, ma la giustizia l'ha ritenuto colpevole di aver ucciso sua moglie, Mariella Cimò, facendo sparire il corpo che non è stato mai trovato. Il pensionato è stato condannato in via definitiva a 25 anni di reclusione. Ieri mattina, per lui si sono aperte le porte del carcere catanese di Piazza Lanza.

Nel 2011, dopo 43 anni di matrimonio, la consorte 72enne scomparve dall'abitazione coniugale. Alla base dell'omicidio, le molte relazioni extraconiugali dell'uomo oltre a motivi economici.

Salvatore di Grazia è in carcere

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dai legali di Salvatore Di Grazia. I difensori del pensionato avevano impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Catania che l’8 luglio 2019 aveva confermato quella di condanna in primo grado del 2017. Dopo che l'ultima parola alla vicenda è stata messa dalla Suprema Corte, ieri mattina i carabinieri sono andati a prenderlo nella villetta di San Gregorio nel catanese dove abitava con la moglie.

Il pensionato ha sempre sostenuto che la moglie si sarebbe allontanata volontariamente, ma non ha mai saputo spiegare perché una donna in età avanzata avrebbe improvvisamente abbandonato la propria casa lasciando cellulari, auto, effetti personali, mentre sparirono decine di migliaia di euro che custodiva in cassaforte, ma soprattutto i suoi amatissimi animali, nove gatti e ben 25 cani.

La scomparsa risale alla mattina del 25 agosto 2011: l'uomo ha sostenuto di essere uscito presto quel giorno e di non aver più trovato sua moglie al rientro. Di Grazia ne denunciò la scomparsa solo a distanza di 10 giorni, il 5 settembre successivo, adducendo motivi di riservatezza: secondo la sua versione dei fatti, Mariella Cimò avrebbe voluto che la sua 'fuga' restasse segreta.

Ancora nel 2019, dopo la condanna di secondo grado, aveva detto: "Mia moglie si è allontanata volontariamente, spero che torni presto per invecchiare insieme".

Lo scorso venerdì, intervistato da Quarto Grado nelle ultime ore di libertà, ha ribadito la sua versione dei fatti: la moglie se ne sarebbe andata volontariamente e sarebbe viva.

Secondo l'accusa, invece, Salvatore Di Grazia avrebbe ucciso la consorte perché aveva scoperto le relazioni extraconiugali che l'uomo intratteneva nell'autolavaggio di Aci Sant'Antonio di sua proprietà nel quale Di Grazia lavorava. Per questo, lei voleva vendere l'attività. "Non mi sarei fatto sorprendere da mia moglie - aveva dichiarato dopo la condanna in primo grado - anche se, dopo 40 anni, ci può stare di voler "assaggiare" qualcosa di diverso. Lei, infatti, era fissata che l'autolavaggio fosse per me una distrazione e così negli ultimi tempi faceva dei blitz"

Salvatore Di Grazia, processo indiziario

Secondo la ricostruzione processuale, l'uomo avrebbe ucciso la moglie il giorno stesso della sua scomparsa.

Di Grazia ha sempre sostenuto che gli inquirenti, in assenza di prove, avrebbero deciso di condannarlo per omicidio che non ci sarebbe mai stato. "Non l'ho sotterrata io. Non ci sono prove, non c'è una goccia di sangue, non ci sono tracce biologiche, non c'è un capello", ha detto a Quarto Grado, Salvatore Di Grazia che ha già scontato 53 giorni di carcere dopo la condanna di primo grado e tre anni ai domiciliari.

Tante le incoerenze nel suo racconto difensivo. L'uomo ha sostenuto che la moglie avrebbe svuotato la cassaforte prima di scomparire, ma soldi sono stati trovati nell'ufficio dell'autolavaggio. E dopo la sparizione di Mariella Cimò l'uomo ha fatto spese ingenti, dimostrando di avere accesso improvviso a una notevole liquidità.

Il pensionato ha sempre riferito che sua moglie si sarebbe allontanata uscendo dall'ingresso principale del villino. Ma le immagini di una telecamera di sorveglianza, decisive nel processo indiziario, mostrano il ritorno a casa di Mariella Cimò la sera del 24 agosto, mentre di lei non c'è alcuna traccia il giorno dopo, quello della scomparsa.

Di Grazia ha sostenuto che sarebbe andata via passando dal retro della casa, attraverso un dirupo: operazione che Mariella, per problemi alle gambe, non avrebbe potuto fare. Inoltre, Di Grazia ha detto di essere tornato a casa solo la sera del 25 agosto, ma la telecamera del vicino lo ha immortalato andare e venire più volte con una tinozza sul tetto dell'auto.

In quella tinozza avrebbe trattato i resti di sua moglie con l'acido per disfarsene. Ha sostenuto di aver comprato quella tinozza per regalarla alla moglie e sanare i contrasti coniugali. Ora, gli avvocati della famiglia Cimò chiedono che Salvatore Di Grazia riveli finalmente dove si trovano le spoglie mortali di Mariella Cimò.