Un giorno a lungo atteso. Per Luana Ilardo, figlia dell'ex boss di Vallelunga ucciso dalla mafia la sera del 10 maggio 1996 a tre anni dall'inizio della sua collaborazione con gli uomini della Dia (Direzione Investigativa Antimafia), ieri 1° ottobre è finalmente arrivato il momento di dire: "Giustizia è stata fatta". La pronuncia definitiva della Cassazione è giunta in serata: confermate le condanne che la Corte d'Assise di Appello di Catania aveva pronunciato il 3 aprile 2019 nei confronti dei quattro boss responsabili di concorso nell'omicidio di Luigi Ilardo, avvenuto pochi giorni prima che venisse ufficializzato il suo status di collaboratore di giustizia.

La storia di Luigi Ilardo, da boss di Cosa Nostra a confidente del colonnello Riccio

E' la fine del 1993. Ilardo è stato da poco rimesso in libertà. Coinvolto in una vicenda di sequestro di persona, espia tutta la pena. Verso la fine della detenzione, il cugino di Piddu Madonia si rende conto che la vita da boss di Cosa Nostra non fa più per lui. Quando è ancora nel carcere di Pianosa, al 41-bis, maturano i presupposti per il suo pentimento. "Era stanco, voleva un'altra vita", sostiene la figlia Luana in un'intervista a WordNews il 29 settembre scorso a proposito della decisione del padre di passare dalla parte del bene. "Sono convinta che tutti quegli anni di galera l'hanno portato a ravvedersi".

Ilardo si mette in contatto con l'allora direttore della Dia Gianni De Gennaro (come questi dichiarerà nel processo Borsellino-quater), che ordina di trasferirlo e sottrarlo al carcere duro non appena apprende la sua intenzione di collaborare con gli investigatori in qualità di informatore.

Entra così in stretto rapporto col colonnello dei carabinieri Michele Riccio, diventandone in segreto il più importante confidente, col nome in codice di "Oriente".

Nel giro di tre anni, grazie alla sua attività di infiltrato, la Dia cattura esponenti di primo piano delle famiglie mafiose di Messina, Catania e Caltanissetta. Fino al fatidico 31 ottobre 1995. Gli uomini dell'antimafia sono in predicato di catturare il superlatitante Bernando Provenzano nel suo covo a Mezzojuso. Provvidenziali sono state le informazioni fornite al riguardo da Ilardo e dal colonnello Riccio.

Ma l'operazione, per motivi che ancora sfuggono, viene impedita dall'allora generale del Ros dei carabinieri Mario Mori (già interlocutore 'privilegiato' di Vito Ciancimino nell'ambito della trattativa Stato-mafia, secondo la testimonianza di Massimo Ciancimino), di concerto con il colonnello Mauro Obinu. Entrambi processati per favoreggiamento, ma assolti in via definitiva nel 2017 perché "il fatto non costituisce reato".

Ergastolo a Madonia e Santapaola, ma nessun uomo di Stato condannato

Quando poi, nel maggio del 1996, Ilardo decide di collaborare, lo fa di fronte ai magistrati di Caltanissetta e Palermo. Le sue dichiarazioni non verranno mai verbalizzate (e qui un altro mistero). Né ormai ve ne sarà il tempo.

Il 10 maggio Luigi Ilardo cade sotto i colpi d'arma da fuoco dei suoi sicari, in strada, a pochi metri dalla porta di casa. Mandanti dell'omicidio sono stati riconosciuti Giuseppe "Piddu" Madonia e Vincenzo "Turi" Santapaola, condannati entrambi all'ergastolo in via definitiva. La stessa pena è stata inflitta all'organizzatore dell'agguato Maurizio Zuccaro e all'esecutore Orazio Benedetto Cocimano. Sono deceduti, invece, altri due partecipanti all'assassinio Maurizio Signorino e Pietro Giuffrida, mentre un altro organizzatore, il boss "pentito" Santo La Causa, è stato condannato dal Gup di Catania con rito abbreviato a 13 anni e 4 mesi nel 2014.

Nessun uomo delle istituzioni risulta fra i condannati.

E ciò a dispetto di quanto dichiarato in udienza dallo stesso colonnello Michele Riccio: "Tra il 31 ottobre 1995 e l'aprile del 1996 Bernando Provenzano frequentava Mezzojuso. Me lo disse Luigi Ilardo. Individuai i luoghi. Feci una relazione di servizio che diedi al generale Mario Mori. Chiesi anche di proseguire l'attività di osservazione. Fosse stato per me avrei organizzato un blitz in 15 giorni".

Le parole di Luana Ilardo: pezzi di Stato deviati volevano la sua morte

Nel periodo immediatamente precedente al suo omicidio, c'era già qualcosa che non andava in Luigi Ilardo. "Non era assolutamente sereno. Percepivo che non era sereno", ricorda la figlia Luana nella citata intervista a WordNews.

Qualche mese prima c'era stato pure un furto in casa Ilardo. Chiaro segnale che "qualcosa non andava nel verso giusto". Ma finché non fosse stato riconosciuto formalmente come un pentito, non avrebbe potuto in alcun modo accedere a un programma di protezione. Anzi. I fatti sembrerebbero parlare in altro senso. E cioè che ben pochi fossero, allora, quelli che avrebbero avuto interesse a proteggerlo.

"La prima sensazione" - dice Luana Ilardo - era che si trattasse di "questioni di mafia". Quelle questioni di cui lei stessa, all'epoca solo sedicenne, si era ormai abituata a sortire le ripercussioni, sia pur in sordina. Dopo un paio d'anni, però, la svolta. "Apprendemmo che mio padre era stato ucciso per la sua collaborazione con i Ros".

Ma c'è dell'altro, anche se al momento non traspare dalle sentenze. Secondo Luana, suo padre sarebbe stato ucciso "perché avrebbe interrotto la Trattativa Stato-Mafia", facendo pagare un "caro prezzo" con le sue dichiarazioni a molte cariche istituzionali. "C'è una parte di Stato collusa e corrotta. Ma anche una parte di Stato buona, onesta, legale, che vuole far emergere queste verità".

E' quindi lo stesso filo rosso che accomuna questo ad altri "delitti e stragi di Stato" (per usare la definizione coniata da Salvatore Borsellino con riferimento, in particolare, al 19 luglio 1992). L'omicidio Ilardo è un omicidio eccellente dietro cui però - secondo Luana e, con lei, tutti i Movimenti Agende Rosse d'Italia - si celano dei "mandanti istituzionali".

Ossia "pezzi di Stato deviati" preoccupati soltanto di intessere rapporti di reciproco interesse con esponenti di spicco di Cosa Nostra. E finché non verrà fatta chiarezza anche su questi soggetti, non potrà dirsi veramente riabilitata la figura di Luigi Ilardo.