Il 22 ottobre i giudici del tribunale di Ivrea hanno condannato a 11 anni di carcere l'uomo che sei anni fa avrebbe abusato della figlia, all'epoca minorenne, e a 18 mesi sua madre, che avrebbe tentato di convincerla a non sporgere denuncia. L'uomo dovrà anche risarcire la 15enne con una provvisionale di 25 mila euro. I legali della coppia hanno chiesto il ricorso in Appello, asserendo: "Per noi sono tutte accuse infondate".
La ricostruzione dei fatti sulla base delle indagini
Il tutto sarebbe iniziato nel 2014 e durato almeno quattro anni sino all'estate del 2018.
Gli inquirenti della squadra mobile di Torino, coadiuvati dalla procura di Ivrea, hanno indagato con estrema cautela sull'evolversi della vicenda, attraverso delle intercettazioni telefoniche e ambientali, più alcune perquisizioni nella casa in cui si svolgevano gli episodi di violenza, presentando poi questi elementi provatori dinanzi al giudice Stefania Cugge. Nel settembre del 2018, l'adolescente, ex atleta, scappò via di casa, nel Canavese, con un borsone sportivo. Ma non si trattò di una fuga volontaria, bensì di una messinscena organizzata dagli inquirenti per allontanare la 15enne dai propri genitori. Nessuno sospettò che si trattasse di una strategia, neanche il padre, che in quel periodo era il suo massaggiatore.
La ragazza disse che andava nel torinese per degli allenamenti e i suoi genitori le avevano creduto. Ma in quella palestra non arrivò mai, perché la polizia la prese in consegna per farla ricoverare all'ospedale Sant'Anna di Torino.
Il ruolo della madre dell'adolescente
Dopo qualche giorno dal ricovero, la giovane decise di denunciare gli abusi che subiva in famiglia.
Furono il suo fidanzato e l'allenatore a convincerla che rivolgersi alle forze dell'ordine fosse la cosa migliore da fare per mettere fine alla situazione in essere. Sua madre, invece aveva sempre cercato di nascondere tutto, in un incontro protetto le cimici registrarono ciò che disse alla figlia: "Ci stai rovinando" e "Torna a casa.
Ci sono cose più gravi nella vita". La 46enne cercò in tutti i modi di ottenere un riavvicinamento con sua figlia, tanto che fu indagata anche per stalking. Per suo marito invece una lunga serie di accuse: tra lui e la ragazza non ci sarebbero stati dei rapporti intimi nel senso stretto del termine, ma quanto basterebbe per parlare di violenza. Giovedì 22 ottobre, dopo più di 60 minuti di camera, i giudici hanno accolto le richieste dell'accusa, sostenuta dal pubblico ministero Chiara Molinari al termine di un iter processuale a porte chiuse iniziato nel marzo del 2020. La ragazza, ora maggiorenne, è andata a vivere con la famiglia del suo allenatore ad Asti che ha deciso di adottarla per regalarle un futuro più sereno.