Agitu Ideo Gudeta, rifugiata etiope di 42 anni, era diventata un simbolo di integrazione in Italia, grazie all’azienda agricola che era riuscita a creare, la “Capra Felice”, dove allevava, in undici ettari di pascoli, ottanta capre di una razza autoctona della Valle dei Mocheni. Martedì 29 dicembre la donna è stata trovata priva di vita nella sua abitazione, a Frassilongo, nella provincia autonoma di Trento: il corpo dell’imprenditrice etiope presentava diverse ferite, provocate con ogni probabilità da un martello, che è stato ritrovato nella tarda serata.

Dieci anni fa Agitu era fuggita dalla guerra in Etiopia per trasferirsi in Trentino, dov’era ormai nota come la “regina delle capre”. Secondo gli inquirenti ad aggredire la 42enne, che in passato aveva denunciato di essere rimasta vittima di episodi di razzismo, potrebbe essere stato un suo dipendente.

L’imprenditrice etiope sarebbe stata uccisa da un dipendente, anche lui di origini africane

A dare l’allarme, nel tardo pomeriggio di martedì, sono stati i vicini di casa di Agitu Gudeta, allertati da una persona con cui l’imprenditrice aveva un appuntamento, dopo che la donna non si era presentata all’incontro. I carabinieri di Trento, già a poche ore dal delitto, dopo aver esaminato la camera da letto in cui la vittima è stata rinvenuta e ascoltato i testimoni, si sono fatti un’idea dell’accaduto.

Infatti i sospetti si sono concentrati su un giovane, anche lui di origini africane, impiegato nell’azienda agricola della profuga etiope. All’origine della lite, che sarebbe poi sfociata in una violenta aggressione con un martello, ci sarebbero stati dei contrasti di natura economica. La 42enne sarebbe stata uccisa da diversi colpi sferrati alla testa dal ragazzo durante l’alterco.

La rifugiata etiope era riuscita a creare un allevamento e un caseificio in Trentino

La storia di Agitu era diventata nota, perché considerata un importante esempio di integrazione nel nostro Paese: nel 2010 è tornata in Italia, dove aveva studiato sociologia presso l’Università di Trento, in fuga dal conflitto nel Corno d’Africa.

In particolare la profuga, originaria di Addis Abeba, ha raccontato di aver ricevuto minacce dal governo etiope, anche a causa del suo impegno nel denunciare l'accaparramento delle terre da parte di alcune multinazionali. Giunta nel nostro Paese, nel giro di pochi anni è riuscita a creare l’allevamento di ovini e un caseificio in Val dei Mocheni, recuperando diversi pascoli, ormai in stato di abbandono. In particolare l’imprenditrice con la sua azienda “bio” si è data l'obiettivo di salvare dall'estinzione, ma anche dagli attacchi di predatori come l'orso, la capra mochena, una specie autoctona della valle in cui ha sede l’allevamento. Per questa sua attività ha ottenuto diversi riconoscimenti, tra cui quello di Legambiente.

La profuga etiope era già stata minacciata e aggredita in passato da un vicino

La presenza della rifugiata etiope nelle valli alpine non è stata priva di contrasti con i vicini di casa. Circa due anni fa Agitu aveva denunciato di essere stata minacciata e di aver subito un’aggressione a sfondo razziale da parte dell’uomo che vive in una baita nei pressi dell’abitazione della donna. "Mi insultano, chiamandomi 'brutta negra', e dicono che me ne devo andare via perché questo non è il mio posto" aveva raccontato ai carabinieri. L’autore delle violenze, responsabile anche di aver assalito il casaro originario del Mali che lavorava nell’azienda della 42enne, lo scorso gennaio è stato condannato dal Tribunale di Trento a nove mesi per il reato di lesioni.

Il pm aveva chiesto di incriminare l’uomo anche per stalking finalizzato alla discriminazione razziale, ma questa accusa è stata lasciata cadere dal giudice. "Il razzismo non c'entra” si era difeso il responsabile, che ha sempre ricondotto la faccenda a una semplice lite fra vicini.