Aveva solo 17 anni Roberta Siragusa e tanti sogni da realizzare. Sabato notte a Caccamo, nel palermitano, è stata uccisa e bruciata in un burrone. È stato il fidanzato, Pietro Morreale di 19 anni, a far trovare il suo corpo, ma non ha confessato. In stato di fermo per omicidio volontario e occultamento di cadavere, continua a proclamarsi innocente.

Caccamo, prima ricostruzione dei fatti

Alle 9:30 di ieri mattina, domenica 24 gennaio, Pietro Morreale si è presentato alla caserma dei carabinieri di Caccamo accompagnato dal padre e da un avvocato. Non ha spiegato cosa potesse essere accaduto, ma ha detto che la sua fidanzata era morta fornendo indicazioni precise per trovare il corpo della ragazza in un burrone a monte San Calogero, in contrada Monte Rotondo.

I militari hanno trovato il corpo della ragazza: presentava segni di bruciature che hanno fatto pensare subito a un omicidio. Avviate le indagini, coordinate dal Comando provinciale dell'Arma, da subito sono emerse diverse incongruenze nella ricostruzione dei fatti quando nella caserma di Termini Imerese il ragazzo è stato interrogato.

Sentito anche oggi dal pm Giacomo Barbara, dopo aver proclamato la sua innocenza, Pietro si è avvalso della facoltà di non rispondere. Sarebbe stato l'ultimo a vedere Roberta viva. Dopo che il sostituto procuratore Giacomo Barbara e il procuratore capo Ambrogio Cartosio hanno firmato il provvedimento di fermo per i reati di omicidio volontario e occultamento di cadavere, il ragazzo è stato trasferito nel carcere di Termini Imerese.

Sabato sera, a dispetto dei divieti in vigore in Sicilia che è zona rossa, i due fidanzati sono usciti. Sono stati in compagnia di alcuni amici in una villetta non lontana dal luogo impervio del ritrovamento della ragazza morta. Tra Roberta e Pietro è scoppiato un litigio a cui hanno assistito gli amici culminato in una scenata di lui, fino poi ad abbandonare insieme la festa.

Ieri mattina, tre ore prima che Pietro si presentasse dai carabinieri, i genitori di Roberta non trovandola nel suo letto e non riuscendo a rintracciarla dopo aver chiamato al suo telefono e a quello del fidanzato, ne avevano denunciato la scomparsa. Nelle ore seguenti, i familiari di Roberta sono stati assistiti dal servizio psicologico messo a disposizione dai carabinieri.

Gli inquirenti hanno sentito i presenti alla festa e visionato le immagini delle telecamere di sicurezza della zona, specie quelle dei distributori di benzina. Per gli inquirenti, chi ha ucciso Roberta voleva distruggere il suo corpo ma non c'è riuscito. L'autopsia che sarà svolta, forse domani, al policlinico di Palermo potrà fornire indicazioni precise su come sia stata uccisa la ragazza.

Caccamo, un occhio nero per la gelosia assillante

Roberta e Pietro stavano insieme da circa un anno e mezzo e sembravano inseparabili. Frequentavano entrambi l'istituto alberghiero di Caccamo e andavano anche in chiesa insieme. Sui social traspare l'immagine di una coppia affiatata tra normalità e spensieratezza.

In un post su Instagram di due giorni fa, lui la chiama 'Amore mio bedda'. Nella realtà, le cose sarebbero andate in tutt'altro modo. Il ragazzo, appassionato di kickboxing, sarebbe stato ossessionato dalla gelosia verso Roberta: le testimonianze di amici e conoscenti ascoltati dai carabinieri sono concordi.

Roberta sognava di diventare una ballerina e fin da bambina aveva frequentato una scuola di danza classica con grande dedizione ed entusiasmo. Ma quando nel 2019 si era fidanzata con Pietro, l'aveva abbandonata. Il ragazzo l'avrebbe allontanata dalle sue passioni, isolandola da tutto e tutti. La gelosia assillante di Pietro si sarebbe manifestata in più occasioni in forme violente. Un'amica di Roberta ha riferito che nella coppia i litigi per la possessività di lui erano molto frequenti e che quest'estate aveva visto la ragazza con un occhio nero.

Il profilo social di Pietro ieri è stato riempito d'insulti e minacce. Quello di lei, di fiocchi neri a lutto.

Caccamo, la famiglia della vittima: 'Vogliamo giustizia'

"Giustizia per la mia Roberta, voglio giustizia. Non si può morire così a 17 anni“: Iana, la mamma di Roberta che lavora in un'impresa di pulizie è pietrificata dal dolore. Con il marito Filippo, operaio, e l'altro figlio chiedono verità e giustizia. Il sindaco Nicasio Di Cola ha proclamato il lutto cittadino.

"Siamo tutti sconvolti, questa vicenda purtroppo segnerà la nostra storia per sempre", ha detto il primo cittadino che come tutti in paese, conosce sia la famiglia di Roberta che quella di Pietro. Di Cola è stato a casa dei genitori di Roberta: non possono credere che Pietro, quasi un altro figlio per loro, possa essere diventato un assassino.