"Io non sono la famiglia Ciontoli". Federico Ciontoli ha concesso una lunga intervista al quotidiano La Repubblica in cui sembra voler prendere le distanze dal padre Antonio: si sarebbe fidato di lui la sera della tragedia, pagando a caro prezzo l'errore commesso. Il 29enne era in casa nella villetta familiare di Ladispoli, alle porte di Roma, la sera del 17 maggio 2015 quando partì un colpo dall'arma del padre che causò la morte del 20enne Marco Vannini, fidanzato della sorella Martina.
Se la Cassazione rigetterà anche l'ultimo ricorso presentato dai legali della famiglia, a breve Federico, così come i genitori e la sorella, potrebbe finire in carcere.
Lo scorso ottobre, tutta la famiglia è stata condannata, sia pure con posizioni diversificate, dalla Corte d'Assise d'Appello di Roma per la morte di Marco. Antonio Ciontoli a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale, sua moglie Maria Pezzillo e i figli Federico e Martina, a 9 anni e 4 mesi per concorso anomalo in omicidio volontario.
Federico Ciontoli, il pensiero di togliersi la vita
È la seconda intervista in meno di un mese che Federico Ciontoli concede dopo un silenzio lungo quasi sei anni. Alla prima, datata 10 febbraio, si è aggiunta una diretta social fatta con Selvaggia Lucarelli. Suo padre Antonio invece il 16 gennaio, ospite del canale tv Discovery, intervistato sempre da Lucarelli, si era assunto tutta la responsabilità dei fatti.
Padre e figlio hanno scelto di esporsi mediaticamente alla vigilia di un evento decisivo: in estate, la Suprema Corte si pronunciarà definitivamente sul caso. Nel precedente colloquio, Ciontoli junior aveva detto di aspettare con rassegnazione la decisione della Cassazione, ma di non temere il carcere e di essere pronto a portare avanti la sua battaglia, se necessario, anche da dietro le sbarre.
A Dario del Porto che lo ha intervistato ieri, 4 marzo, per La Repubblica, Federico Ciontoli ha confessato "di aver pensato tante volte seriamente di farla finita" perché da quella notte del 2015 non c'è più niente di bello nella sua vita, ad eccezione della presenza di Viola Giorgini, la fidanzata, unica ad essere stata assolta, che gli è rimasta accanto.
Ha ammesso di pensare a Marco Vannini tutti i giorni, consapevole di aver sbagliato quella tragica notte: la sua colpa fu, a suo dire, di essersi fidato di suo padre, perché "in quella situazione non potevo fare diversamente".
Federico Ciontoli, impossibile ricostruirsi una vita
Dall'inizio di questa "storia disumana", come l'ha definita il sostituto procuratore generale Elisabetta Ceniccola, per il 29enne è stato impossibile ricostruirsi una vita. Prima della tragedia, Federico aveva conseguito una laurea triennale in ingegneria energetica e doveva svolgere la tesi per la laurea magistrale. Invece, ha interrotto quegli studi per iscriversi a filosofia. Lavorava come sviluppatore informatico ed è stato licenziato.
Non ha trovato più un impiego, pur avendo inviato centinaia di curriculum.
Oggi fa volontariato in un posto che gli permette di avere cinque euro al giorno per mangiare e un luogo dove dormire. In precedenza, ha riferito di non incontrare i genitori e che la famiglia vive sparpagliata perché incontrarsi comporterebbe un peso emotivo insostenibile.
Federico Ciontoli, la sua versione dei fatti
Federico Ciontoli ha ricostruito la sera in cui Marco Vannini morì. Ha dichiarato nell'intervista di aver pensato che il ragazzo potesse avere avuto un attacco di panico e ha sottolineato d'essere stato lui a chiamare l'ambulanza. Secondo la sua versione dei fatti, era in camera con la fidanzata Viola quando hanno sentito un rumore provenire dal bagno.
Entrambi si sono alzati per vedere cosa potesse essere accaduto. Avrebbe visto Marco nella vasca da bagno, e suo padre vicino. A terra, ci sarebbero stati il marsupio del padre e due armi. Non avrebbe visto sangue e all'inizio, Marco non si sarebbe lamentato, ma si sarebbe limitato a chiedere un bicchiere d'acqua.
Federico Ciontoli avrebbe domandato a suo padre cosa fosse successo, e Antonio gli avrebbe risposto che si sarebbe trattato di uno scherzo. Per quella bugia, prova rabbia contro il padre, gli rimprovera tante cose, tutte gravi. Sa che se il padre non le avesse commesse, lui non si troverebbe in questa situazione. Ma resta suo padre e starebbe pagando per questo. Infine, quella sera, Ciontoli junior avrebbe preso le armi del padre portandole via, non per nasconderle, "come è stato sostenuto", ma per metterle in sicurezza.
Con il senno del poi, il 29enne è consapevole che la tragedia poteva essere evitata: "Oggi sappiamo che poteva salvarsi. E so che si poteva fare di più". Ciontoli junior lo può dire ora perché sa che era partito un colpo dall'arma del padre che "ha combinato quello che ha combinato".