Un giudice delle indagini preliminari di Reggio Emilia ha assolto una coppia che si era mossa dalla propria abitazione durante il primo lockdown senza avere motivi di comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità, mostrando, tra l'altro, un’autocertificazione che in seguito alle indagini del personale dei Carabinieri di Correggio è stata ritenuta falsa. Infatti, la donna aveva dichiarato di essere diretta in ospedale per effettuare esami clinici, l’uomo di esser suo accompagnatore. Gli accertamenti successivi hanno mostrato come la coppia non si fosse mai recata presso l’ospedale di Correggio, dunque per entrambi è scattato il processo penale per falso ideologico in atto pubblico.

La sentenza

Il giudice ha successivamente prosciolto la coppia motivando a favore “dell’indiscutibile illegittimità del DPCM del 08/03/2020”. Il giudice in questione ha affermato la violazione dell’art.13 della Costituzione, specificando che le limitazioni alla libertà di circolazione ex art.16 Cost. non riguardano la libertà personale in senso stretto. Infatti, come specificato dalla Consulta (Corte Cost.; n.68 del 1964), il divieto di spostamento deve riguardare determinati e circoscritti luoghi e non le persone, giacché in quel caso si determinerebbe una limitazione o violazione della libertà personale. Nella fattispecie, è stato rilevato che si venuto a determinare un divieto di spostamento assoluto, cioè è stato imposto al cittadino di non recarsi in alcun luogo al di fuori della propria abitazione, limitandone così la libertà personale.

Sulla base della suddetta conflittualità, il falso ideologico di cui è stata accusata la coppia è stato ritenuto innocuo e pertanto la coppia è stata prosciolta perché il "fatto non costituisce reato".

Per il Gip lo strumento giuridico del DPCM è un decreto amministrativo privo di forza di legge, per tanto nella fattispecie, caratterizzata dalla presenza di restrizioni generalizzate alla libertà personale, tale strumento è da ritenere illegittimo e incostituzionale e dunque la norma derivante viene disapplicata.

La questione giuridica

Non è la prima volta che un giudice ha disapplicato una norma contenuta in un DPCM dichiarandone l’incostituzionalità.

La caduta del Conte bis e la nascita del Governo Draghi con la partecipazione di forze politiche che avevano aspramente criticato l’utilizzo reiterato del DPCM, ha lasciato credere che tale strumento potesse essere accantonato, favorendo così una parlamentarizzazione dei provvedimenti. Ciò non è avvenuto. Infatti il 6 marzo è entrato in vigore un nuovo DPCM a firma di Mario Draghi, contenente, misure restrittive più aspre rispetto al precedente DPCM.