Si è concluso lo stallo istituzionale che ha caratterizzato la scena Politica italiana delle ultime settimane. Mario Draghi ha sciolto la riserva e ha proposto al Presidente della Repubblica Mattarella la squadra di ministri che comporrà il governo.
Un nuovo governo, caratterizzato da un’ampia maggioranza, come auspicato dal Presidente Mattarella quando ha conferito l’incarico all’ex Presidente della BCE, caratterizzato dalla presenza sia di figure tecniche apartitiche che dalla presenza di esponenti politici appartenenti alle più disparate (e forse disperate) forze politiche.
Molte sono le conferme rispetto al Governo Conte II (Di Maio, Lamorgese, Speranza, Franceschini su tutti), alcune già previste nei giorni precedenti dagli analisti politici, altre inaspettate. Altri, soprattutto le componenti forziste (Brunetta, Gelmini e Carfagna), fanno ritorno in un governo dopo anni passati alle opposizioni.
In molti avranno già metabolizzato lo stupore nel vedere nel medesimo esecutivo esponenti politici che, fino al giorno prima, si etichettavano con i peggiori epiteti e portatori di ideologie e valori apparentemente non armonizzabili. Ma lo stupore, e anche la delusione, non può non permanere dinanzi l’assenza del Ministero dello Sport.
La delega allo sport nel Governo Draghi
Molti operatori sportivi ed esponenti del settore avevano accolto positivamente la notizia che Vincenzo Spadafora abbandonasse il ministero. Egli è stato fautore di una gestione considerata discutibile dell’emergenza sanitaria ed economica.
Allo stato attuale dei fatti, si può solo ipotizzare quale componente del governo possa esercitare la pesante e onerosa delega allo sport.
Guardando al precedente governo, nel quale il Ministro dello Sport esercitava la delega alle politiche giovanili, si potrebbe presupporre che possa essere il Ministro delle Politiche giovanili in quota Cinque Stelle Fabiana Dadone a proseguire il lavoro di Spadafora. Tuttavia, non è infrequente che l’esercizio di deleghe particolarmente delicate venga affidato al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ruolo attribuito da Draghi al magistrato Roberto Garofoli.
Meno probabile è che l’attuale Ministro dello Sviluppo Economico, l’esponente di spicco della Lega Giancarlo Giorgetti, possa esercitare la funzione in questione, proseguendo così il percorso iniziato da Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel Governo Conte I e interrottosi bruscamente in seguito alla “crisi del Papetee”.
Lo sport, un settore in crisi
In ogni caso stupisce che in un momento così critico per il settore non sia stata individuata una personalità esperta e competente che avesse l’esclusivo compito di trovare il giusto equilibrio tra la partecipazione ad attività sportive formalmente organizzate e l’esigenza di contenere la diffusione dei contagi da Coronavirus. La necessità di tale equilibrio deriva da logiche economiche, sociali e sanitarie.
In particolare, secondo le stime del CONI, in Italia il settore dello sport costituisce l’1,7% del PIL, circa 30 miliardi di euro. Ma la chiusura reiterata delle strutture sportive non potrebbe essere giustificata neanche in una prospettiva dove il dato economico soccomba in maniera incondizionata dinanzi ad esigenze sanitarie imperative.
Infatti la pratica sportiva è strettamente legata al benessere fisico ed è uno strumento per contrastare malattie croniche: le attività motorie vanno interpretate come elementi della medicina preventiva e terapeutica. Le attività sportive, attraverso la trasmissione di competenze neuromotorie e atletiche, rafforzano il benessere psicofisico individuale e collettivo.
In questa prospettiva, la concezione di attività sportiva appare perfettamente allineata con la definizione di saluta fornita dall’Organizzazione Mondiale della Salute: “La salute è uno stato dinamico di completo benessere, fisico, mentale, sociale e spirituale, non mera assenza di malattia.” Anche l’Italia si è allineata a questa visione, legiferando che “l’attività sportiva è diretta alla promozione della salute individuale e collettiva e deve essere informata al rispetto dei principi etici ed educativi.” (art 1 l.376/00 co.1).
Per tali ragioni, è legittimo domandarsi come mai la pratica sportiva non riesca a trovare spazio nell’epoca dove si tende a privilegiare in maniera incondizionata la prevenzione alle malattie e la tutela della salute a qualsivoglia esigenza, che sia questa di natura economica, sociale o affettivo-relazionale.
Diviene ancor più legittimo domandarsi come sia possibile che all’atto della sua nascita il governo formatosi con lo scopo di risollevare le sorti di un Paese in uno stato di emergenza economica, sanitaria e valoriale, non abbia dato alla questione sportiva l’importanza che merita.