Gli esiti delle recenti consultazioni e le aperture dei vertici del M5S, dal reggente Crimi al capo politico uscente Di Maio passando per il garante Grillo, lasciavano pensare che si andasse nella direzione di una partecipazione attiva del Movimento al governo nascente presieduto da Mario Draghi.

Tuttavia i malumori di alcuni esponenti di rilievo del M5S, su tutti Di Battista e gli ex ministri Toninelli e Lezzi, hanno spinto il reggente Vito Crimi a rivolgersi alla base del Movimento, attraverso il voto su Rousseau, per prendere una decisione conforme ai valori ed allo statuto del Movimento circa l’ingresso nel governo nascente.

Non è la prima volta che il Movimento in fase di formazione di un governo si rivolga agli iscritti di Rousseau, tale passaggio avvenne anche nelle fasi antecedenti alla nascita dei governi Conte. Tuttavia si comprenderà facilmente come la situazione attuale sia completamente diversa: gli iscritti dovranno pronunciarsi sulla formazione di un governo tecnico-politico a vocazione europeista nel quale il ruolo del Movimento sarà ridimensionato. E tenendo conto di come il premier incaricato sia considerato nell’immaginario del popolo del “vaffa” come un esponente delle elites finanziarie e bancarie, si capirà come questa volta l’esito del voto online sia tutt’altro che scontato.

Cosa potrebbe succedere dopo il voto su Rousseau?

Se dovesse vincere il Sì, come auspicato dalla maggior parte degli esponenti di rilievo del M5S, la partecipazione al Governo Draghi porterebbe definitivamente fuori dal Movimento l’ala euroscettica e radicalmente populista, ed non è da escludersi che alcuni esponenti di rilievo possano decidere di spostarsi all’opposizione e mettersi in proprio, come avvenne per il senatore Gianluigi Paragone con il suo movimento Italexit.

Se dovesse vincere il No, si reitererebbe la situazione di paralisi istituzionale, uno scenario poco auspicabile da più parti, considerando la necessaria imminenza di alcune decisioni politiche di lungo termine.

Per tale ragione, i vertici del Movimento potrebbero anche ribaltare l’esito della consultazione su Rousseau, come ad esempio avvenne nel caso Cassimatis, completando così la transizione del M5S da movimento del “vaffa” a partito di governo a vocazione europeista, lasciando alle spalle definitivamente l’euroscetticismo e i tentativi di instaurazione di una democrazia diretta digitalizzata.

Ancora, è ipotizzabile una polarizzazione del M5S, con l’intransigente Alessandro Di Battista che rimane ancorato alle logiche originarie del Movimento, e Luigi Di Maio che invece, dopo aver cambiato tre dicasteri, è diventato una figura istituzionale capace di interloquire con qualsiasi attore del panorama politico nazionale e internazionale. Inoltre, non bisogna dimenticarsi del premier uscente Giuseppe Conte, che in circa tre anni di governo ha guadagnato una popolarità [VIDEO] tale che difficilmente lo porterà a defilarsi dalla scena Politica attuale.

Ciò che appare certo è che la questione della partecipazione al Governo Draghi abbia mostrato come i valori e le logiche originarie del Movimento siano ormai superate e la riorganizzazione strutturale e valoriale appare l’unico modo per scongiurare la frammentazione di un partito che, alle ultime elezioni politiche, aveva contato sull’appoggio di un italiano su tre.