Lo scorso 31 marzo a Uta, paese a pochi chilometri da Cagliari, all'interno di un canale per le acque di scolo di via Ponte, era stato ritrovato lo scheletro di un uomo. Dopo brevi indagini i carabinieri hanno dato un volto e un nome alle ossa trovate. Sono infatti di Marco Frau, il maestro originario di Villasimius, scomparso il 15 ottobre 2019 da Assemini, dopo aver cenato in compagnia di una collega nella sua abitazione di via Pola. Una scomparsa all'epoca dei fatti considerata assurda e incredibile. Anche perché il maestro era una persona tranquilla, sempre disponibile e non aveva mai avuto problemi con nessuno.

I risultati dei test sono stati certificati dai carabinieri del Ris, il Reparto investigazioni scientifiche dell'Arma. Gli specialisti hanno infatti comparato i campioni di Dna estratti dallo scheletro ritrovato nel canale di scolo, con quelli appartenenti a Marco Frau. E il risultato è stato strabiliante: i resti ritrovati sono totalmente compatibili con i marcatori genetici del maestro originario di Villasimius. “Sulle ossa ritrovate – spiegano i carabinieri del Ris – sono stati effettuati dai nostri esperti complessi esami di laboratorio. In parole povere – chiariscono – abbiamo eseguito analisi biomolecolari chiamate comparative, che consistono nel prelevare dalle unghie il profilo genetico esistente.

Lavoro effettuato dal medico legale che ha poi paragonato i risultati con il Dna a disposizione di Marco Frau. I tecnici hanno estrapolato un profilo genetico riconducibile proprio al maestro scomparso”.

Analisi velocissime

Gli specialisti dei carabinieri del Ris di Cagliari sono stati davvero rapidi ed hanno evidenziato un profilo genetico completo, con “24 marcatori genetici studiati e internazionalmente conosciuti”, scrivono i tecnici dell'Arma.

Poi una volta “scoperto” il profilo genetico dello scheletro ritrovato nel canale di scolo di via Ponte a Uta, gli specialisti lo hanno confrontato con quello di Marco Frau. Dna recuperato da uno spazzolino da denti del maestro scomparso. Un paragone che ha dato esiti positivi. I carabinieri infatti hanno assicurato che “c'è una totale concordanza genetica tra i due Dna estratti”.

Insomma un lavoro certosino effettuato dai militari dell'Arma che ha permesso di dare un nome allo scheletro ritrovato a Uta. “I risultati avuti – spiegano gli specialisti – sono stati ottenuti in maniera davvero rapida grazie ad una nuova tecnica utilizzata dal Ris dei Carabinieri. Gli uomini in camice bianco hanno infatti prelevato le molecole dalle unghie ritrovate nello scheletro. Un metodo nuovo e notevolmente più rapido di quello utilizzato fino ad oggi. E cioè il prelievo del Dna da ossa o denti: un metodo lungo, costoso e spesso infruttuoso. Attraverso il prelievo delle unghie, che sono resistentissime alla decomposizione, è infatti possibile estrarre molecole di Dna prima che si degradino”.

Una scomparsa misteriosa

Secondo quanto ricostruito dai carabinieri all'epoca della scomparsa, Marco Frau la sera del 15 ottobre del 2019 si trovava a cena con una sua collega. La donna aveva raccontato agli inquirenti che il giorno della scomparsa avevano cenato insieme e che durante la cena “avevamo avuto una discussione legata a questioni lavorative”. “Intorno alle 22,30 – si legge nelle carte – ero stanca e avevo soltanto voglia di rientrare a casa. Proprio per questo motivo Marco mi aveva accompagnato alla macchina e sono andata via”. Il giorno dopo però è accaduto qualcosa: “Introno alle 8 del mattino seguente – ricorda la donna – ho provato a chiamare Marco al telefono ma non mi ha risposto.

Poi quando sono arrivata a scuola, introno alle 8:30, non l'ho visto e mi sono preoccupata. Anche perché aveva lezione. A quel punto, avendo le chiavi della sua abitazione, sono andata a casa sua ma non c'era e ho immediatamente chiamato i carabinieri”. Sembrano essere escluse, comunque, le possibilità di un delitto.