Dopo 150 omicidi di cui si è autoaccusato e 25 anni di detenzione, Giovanni Brusca vuole rendersi invisibile. L'uomo che uccise il giudice Falcone, intende condurre una vita anonima. Diventato da spietato killer di Cosa Nostra a uno dei pentiti simbolo dell'antimafia, l'ex fedelissimo di Totò Riina, che per i suoi feroci crimini fu soprannominato lo 'Scannacristiani', ha espiato la sua pena e il 1° giugno è tornato libero.

La notizia ha suscitato scalpore, polemiche e perplessità sia sulla genuinità del suo pentimento che sui tecnicismi legislativi che hanno tramutato l'ergastolo in una condanna a un quarto di secolo.

Brusca trascorrerà i prossimi quattro anni in libertà vigilata con l'obbligo di rimanere in Italia, poi anche queste limitazioni cadranno.

Per Brusca fine pena e nuova identità

Ha lasciato il carcere romano di Rebibbia con 45 giorni di anticipo per buona condotta e per aver partecipato al programma di rieducazione. Sarebbe una persona diversa l'oggi 64enne Giovanni Brusca. Totalmente cambiato fisicamente, sarebbe irriconoscibile, perciò al riparo da vendette mafiose. Con il Servizio centrale di protezione, l’ufficio che si occupa dei collaboratori di giustizia, sta 'inventando' la sua nuova vita. Per l'esecutore materiale della strage di Capaci, colui che azionò il detonatore della bomba che il 23 maggio del 1992 uccise Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta, Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, e che sciolse nell'acido un bambino, è appena iniziato il programma di protezione speciale.

Brusca ha una nuova identità, avrà un assegno mensile, dai mille ai 1500 euro, con l'aggiunta di 500 euro per ogni familiare a carico, e gli sarà dato un lavoro. Per i prossimi quattro anni, secondo quanto deciso dalla Corte d'Appello di Milano, l'ex boss mafioso di San Giuseppe Jato avrà l'obbligo di firma settimanale e di pernottamento fisso in una località segreta, oltre a dover sottostare a orari controllati, a tutela della sua sicurezza.

Se i conti con la giustizia sono chiusi, quelli con la mafia no. Arrestato il 20 maggio del 1996, dopo pochi mesi Brusca divenne collaboratore di giustizia. Le sue rivelazioni, considerate attendibili, permisero di avviare procedimenti contro altri boss e sulla trattativa Stato-mafia. L'ex killer della mafia corleonese è uscito dal carcere dopo 25 anni perché ha usufruito dei benefici di pena per i pentiti, previsti da una legge ideata proprio da Giovanni Falcone per combattere Cosa Nostra.

Alla notizia della scarcerazione, la sorella del giudice, Maria Falcone, ha detto: "Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge, una legge che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata". Negli anni passati, grazie alla buona condotta, Brusca ha goduto di permessi premio di qualche giorno e ha potuto vedere il figlio oggi 30enne.

Videointervista, le scuse a tutti i familiari delle vittime

"Cosa Nostra è una fabbrica di morte". Una fabbrica che lui ha guidato per circa 20 anni. Brusca lo disse nel 2016 nel corso dell'intervista che gli fece in carcere il regista francese Mosco Levi Boucault, per realizzare 'Corleone', documentario sulla mafia. Nelle immagini inedite che circolano in questi giorni sul Web, un Brusca a volto coperto, chiede scusa a tutti i familiari delle vittime per le sofferenze inflitte, ma anche al figlio e alla moglie, da cui ha poi divorziato, per la vita a cui li ha costretti, prima da mafioso e poi da pentito.

Il fratello del bambino sciolto nell'acido: 'Nessun perdono'

Per ammissione dello stesso Brusca, è stato il delitto più efferato tra i forse 200 che ha commesso. L'11 gennaio del 1996, dopo due anni di prigionia, strangolò e sciolse nell'acido il 14enne Giuseppe Di Matteo, per vendetta nei confronti del padre, Santino, ex mafioso diventato collaboratore di giustizia. Il fratello di Giuseppe, Nicola, rispetta le leggi ma non ammette perdono. "Non possiamo perdonare Brusca, a noi non ha mai chiesto scusa, ma se anche lo facesse non lo scuseremmo comunque", ha detto Nicola.

Ha sottolineato che Brusca uccise suo fratello, poco più che un bambino, perché suo padre aveva parlato con i giudici, per poi diventare collaboratore, ora libero grazie a una legge dello Stato.

"Io sono abituato a rispettare le leggi e le sentenze dei giudici e anche questa volta rispetto la decisione, ma non chiedetemi di condividerla o di accettarla. Non ce la faccio il dolore è troppo grande”, ha aggiunto. Con il dolore che gli leva il respiro farà i conti a vita. "Questo non mi impedisce di rispettare la decisione di liberare quell’animale. Mi chiedo se lo Stato non debba interrogarsi su questo sistema che premia tutti i pentiti indistintamente, anche quelli responsabili di stragi e di centinaia di omicidi”.