Spunta un teste chiave nell'omicidio di Voghera. Un connazionale avrebbe assistito al delitto di Youns El Boussettaoui, il 39enne marocchino ucciso la sera del 20 luglio da un proiettile partito dalla calibro 22 del 47enne avvocato e politico Massimo Adriatici. L'assessore comunale leghista, con delega alla Sicurezza, ha sparato e ucciso l'immigrato dopo una lite in piazza. È indagato per eccesso colposo in legittima difesa.
Voghera, la versione del teste
La testimonianza, prima resa ai legali dei familiari della vittima, è stata acquisita dalla Procura di Pavia.
Il teste avrebbe assistito da vicino alla scena con esito mortale, avvenuta a piazza Meardi, al centro di Voghera. Avrebbe incrociato l'ucciso poco prima della tragedia e non l'avrebbe mai perso di vista. In stato di ubriachezza, quella sera 'Musta' stava infastidendo gli avventori di un bar, come spesso accadeva, al punto che l'immigrato, irregolare, senza dimora e con precedenti, era considerato un disturbatore seriale.
L'assessore, intervenuto, sarebbe stato minacciato con una bottiglia, poi spinto a terra dal marocchino mentre stava parlando a telefono. Secondo il teste, una volta caduto, Adriatici avrebbe estratto l'arma, carica e senza sicura, sparato a sangue freddo contro l'uomo disarmato.
"L'italiano non ha sparato per sbaglio. Ha preso la rivoltella, l'ha puntata verso Youns e subito ha esploso il colpo che lo ha ucciso", sono le parole che il testimone avrebbe riferito. Oltre alla testimonianza del ragazzo, che ora avrebbe molta paura, sono state messe agli atti le immagini di una telecamera di sorveglianza della piazza in cui si vede la vittima dare un pugno all'assessore che cade a terra.
Non si vede però il momento in cui parte il colpo.
Ai domiciliari in una località segreta
La gip Maria Cristina Lapi, che si era riservata di decidere, il 24 luglio ha convalidato il fermo e confermato i domiciliari accogliendo la richiesta della Procura secondo la quale il penalista altrimenti avrebbe potuto reiterare il reato o inquinare le prove.
Adriatici è stato portato in una località segreta per timore di ritorsioni: nei giorni scorsi erano circolate online le immagini della sua abitazione.
Stamattina, per ricordare Youns davanti al bar di piazza Meardi, c'è stata una manifestazione, e oggi pomeriggio si è svolto un presidio antirazzista a sostegno della famiglia della vittima. Circa 200 partecipanti, tra cui la sorella, hanno chiesto giustizia per Youns. Non ci sono stati disordini, ma a Voghera è calata un'atmosfera spettrale: con un'ordinanza, la sindaca Paola Garlaschelli, alla guida di una giunta di centro-destra, ha rotto il silenzio invitando i commercianti a tenere i negozi chiusi per evitare incidenti. La città è sconvolta e divisa tra sostenitori e detrattori di quello che tutti conoscevano come lo "sceriffo di Voghera".
Per Garlaschelli, la vicenda sarebbe stata strumentalizzata dai media. La sindaca tramite i social ha fatto un appello ai cittadini chiedendo a tutti di spegnere le ostilità. L'assessore, figlio di poliziotto e sovrintendente di polizia per 16 anni, deteneva regolarmente l'arma dalla quale è partito il colpo che ha ucciso il marocchino ed era un frequentatore di poligoni. Gli era appena stata rinnovata la licenza, ora sospesa.
Il 23 luglio l'assessore, che si è autosospeso dalla giunta di Voghera, ha fatto una deposizione al Tribunale di Pavia di quasi tre ore. Al gip ha detto quanto già riferito ai carabinieri e al pm, Roberto Valli, dopo essere stato arrestato in flagranza di reato. Si è definito vittima di una violenza inattesa e inaudita: la caduta a terra gli avrebbe causato una ferita all'occhio e uno stato confusionale, ma non ha saputo spiegare come sia partito il colpo che ha ucciso il 39enne.
Non avrebbe un ricordo preciso di ciò che sia accaduto. Per i suoi legali, colleghi dello stesso studio, non ci sarebbe stata una lite ma un'aggressione. I difensori avevano chiesto la revoca dei domiciliari per il loro assistito. Il pm ha nominato un perito informatico per cercare di trarre informazioni dalle immagini e capire cosa sia caduto a terra: forse occhiali e cellulare di Adriatici.
'Era uno sceriffo sempre con l'arma'
"Aveva atteggiamenti prepotenti nei confronti degli ultimi": così Gianpiero Santamaria, coordinatore di Buona Destra Voghera, su Massimo Adriatici. Secondo molti cittadini, l'assessore si comportava come uno sceriffo, non si separava mai dalla sua calibro 22, avrebbe avuto comportamenti 'esaltati' già da prima del suo mandato.
Qualcuno ha ricordato che i suoi primi atti amministrativi sono stati due Daspo a persone che chiedevano l'elemosina, "magari 'fastidiose', ma che sicuramente non arrecavano nessun pregiudizio alla comunità”. Alla sindaca nel tempo, sarebbero arrivate diverse segnalazioni sul suo assessore che andava in giro armato.