Il lavoro di una studiosa di criminologia ha portato a riaprire uno dei cold case più celebri degli ultimi decenni: il delitto di via Marsala a Chiavari. Il 6 maggio del 1996 la 24enne Nada Cella fu uccisa nello studio dove lavorava come segretaria di un commercialista, Marco Soracco. La ragazza fu colpita dieci volte alla testa con un corpo contundente, scagliato con una violenza tale da far pensare al gesto non premeditato di un folle. Per 25 anni le indagini non hanno portato a individuare il responsabile: sono state le ricerche per la tesi conclusiva di un corso di specializzazione in criminologia, iniziate nel 2018, che hanno permesso a Antonella Pesce Delfino di riannodare i fili della vicenda, considerando anche indizi e piste trascurate in precedenza, fino a trarne delle conclusioni inedite.

Nel 2019 l’aspirante criminologa si è presentata davanti all’allora procuratore capo di Genova Francesco Cozzi, insieme a Silvana Smaniotto, la madre di Nada Cella, per illustrargli il frutto del suo lavoro, che ha permesso di riaprire il caso. Infatti, nelle scorse ore è arrivata la notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati per il delitto di una 53enne che in passato è stata maestra d’asilo, Annalucia Cecere. Con lei sono coinvolti nell'inchiesta anche Soracco e la madre del commercialista, che avrebbero prestato falsa testimonianza.

Gli errori e le negligenze nelle indagini sull’assassinio di Nada Cella

Le indagini sul delitto di Nada Cella furono condotte per anni tra errori e omissioni, tanto che per cinque volte si è tentato di ripartire con l'inchiesta.

Ad esempio, la scena del crimine fu compromessa dagli stessi inquirenti giunti per primi nell’ufficio in via Marsala. Inoltre ci furono numerosi contrasti tra gli uomini delle forze dell’ordine e il magistrato che per primo seguì la vicenda, che arrivò a non autorizzare le intercettazioni relative alle conversazioni dei condomini dell’edificio in cui la ragazza fu ammazzata.

Infine furono negati i prelievi del Dna, che forse avrebbero facilitato il lavoro di chi investigava su questo grave episodio di Cronaca Nera.

Le testimonianze sul delitto di Nada rimaste nel cassetto per anni

Tra gli elementi messi in evidenza da Antonella Pesce Delfino c’è un verbale dei carabinieri con due testimonianze all’epoca giudicate ininfluenti.

Infatti un mendicante e una conoscente della famiglia del commercialista raccontarono di aver visto una donna, che somigliava alla 53enne ora indagata, mentre usciva dal palazzo proprio nell’ora in cui sarebbe avvenuto il delitto. In particolare la testimone spiegò come quella persona avesse incontrato il professionista a un corso di ballo e se ne fosse invaghita, tanto da voler sostituire Nada nel suo lavoro di segretaria, per stagli vicino. Tuttavia la procura di Chiavari ritenne trascurabili queste due testimonianze, archiviando in pochi giorni la posizione della 53enne, senza che il suo nome fosse reso noto. Invece le indagini si concentrarono a lungo sul commercialista e su sua madre, che sembravano essere al corrente di qualcosa, senza però mai arrivare a una conclusione.

Le nuove indagini sul caso di Nada

Nel 2019, dopo aver ascoltato Antonella Pesce Delfino, il procuratore Cozzi ha deciso di affidarle tutto l’incartamento sul caso accumulatosi nel tempo. Nei mesi successivi la giovane aspirante criminologa ha esaminato tutti i documenti, tra i quali diversi danneggiati dall’alluvione di Genova del 2011 e dal passare del tempo. Dall’analisi sono emersi nuovi particolari, come i cinque bottoni di tipo militare, ritrovati durante una perquisizione a casa della 53enne, che sembravano identici a quello scovato sotto il corpo di Nada: incredibilmente questo indizio era stato trascurato negli anni passati. Quindi la Procura di Genova ha deciso di seguire la pista suggerita dalla giovane studiosa, indagando sull’ex maestra d’asilo, che ora abita in provincia di Cuneo, anche con l’utilizzo delle più avanzate tecniche investigative: infatti nelle prossime settimane i reperti ritrovati sul luogo del delitto saranno riesaminati da Emiliano Giardina, il genetista che si è occupato del caso di Yara Gambirasio.