Sono stati condannati all'ergastolo i due presunti mandanti dell'omicidio del biologo Matteo Vinci, ucciso con una bomba sotto la sua auto. L'esplosione dell'ordigno è avvenuta a Limbadi, in provincia di Vibo Valentia, il 9 aprile 2018, e anche il padre della vittima rimase ferito nell'attentato.
La Corte d'Assise di Catanzaro ha deciso di infliggere il carcere a vita a Rosaria Mancuso e Vito Barbara. I due condannati sono vicini al clan Mancuso, uno dei più potenti della 'Ndrangheta e che opera principalmente a Vibo Valentia e provincia.
La ricostruzione dell'omicidio di Matteo Vinci
L'uccisione di Matteo Vinci suscitò molto scalpore nei media a causa delle modalità con la quale fu compiuta. Secondo la ricostruzione delle forze dell'ordine, il biologo di 42 anni viaggiava in macchina insieme al padre mentre si apprestavano ad abbandonare il terreno di proprietà per dirigersi verso casa. In una stradina stretta poco distante dal cancello della proprietà scoppiò, in pieno giorno, la bomba posizionata sotto l'auto. Il padre, seduto al lato passeggero, riuscì miracolosamente a salvarsi, mentre per il figlio non ci fu nulla da fare. Le gravi ferite e le ustioni non gli dettero, purtroppo, scampo.
Venti anni di vessazioni
Questo è il triste epilogo di oltre venti anni di vessazioni subite dalla famiglia Vinci da parte di una cosca della cittadina del vibonese imparentata con i potenti Mancuso.
Secondo la ricostruzione resa dai familiari della vittima, il padre di Matteo aveva un appezzamento di terreno che confinava con quello della famiglia Grillo-Mancuso. Questi ultimi volevano impadronirsene a tutti i costi facendo angherie anche nei confronti dei limitanti che non hanno ceduto e non hanno mai piegato la testa.
Anche dopo la morte del figlio, i genitori di Matteo non si sono rassegnati e hanno combattuto per avere la verità e capire chi è stato a uccidere il figlio.
Carcere a vita per gli assassini di Matteo Vinci
Così, dopo alcuni anni di processo a seguito dell'operazione "Demetra" condotta nell'estate del 2018 dalla Direzione distrettuale antimafia guidata dal magistrato Nicola Gratteri, i mandanti dell'omicidio del biologo quarantaduenne hanno un nome e sono stati condannati al carcere a vita.
Sono finiti in manette anche diversi esponenti della cosca Mancuso tra i quali Rosaria Mancuso e il genero Vito Barbara che hanno ricevuto l'ergastolo ma senza l'aggravante mafiosa. Inoltre sono stati condannati anche alcuni parenti della donna ma che, secondo le indagini, non hanno avuto un ruolo nell'omicidio tramite autobomba avvenuto a Limbadi.