Sono tornati a parlare Silvia Pedrazzini e Riccardo Guida, figlia e genero di Giuseppe 'Beppe' Pedrazzini, il 77enne di Toano, Reggio Emilia, trovato senza vita lo scorso 11 maggio in fondo a un pozzo nel terreno della sua abitazione. Dall'autopsia è emerso che il pensionato non aveva acqua nei polmoni: ciò escluderebbe sia l'annegamento che l'omicidio per aggressione violenta. Intervistati nel corso della puntata di oggi 13 giugno di Mattino 5, i due si sono detti sollevati: cadrebbe l'accusa di averlo ucciso.

Il pensionato era sparito da gennaio e la famiglia non ne aveva denunciato la scomparsa.

La moglie Marta e gli altri due congiunti sono stati indagati, arrestati e successivamente scarcerati. Ma resta puntata su di loro l’attenzione degli inquirenti dopo la 'confessione' di Marta. Il 20 giugno il Tribunale del Riesame si esprimerà su un ricorso presentato dalla pm Piera Cristina Giannusa che si sta occupando delle indagini e che ha chiesto che i tre tornino in carcere. Il gip, seppure convinto di una loro responsabilità nell'occultamento del corpo, li aveva scarcerati tutti e tre ritenendo che non ci fossero gravi indizi di colpevolezza. Decisione impugnata dalla Procura.

Silvia e Riccardo: 'Finalmente sta arrivando la verità'

"Finalmente sta arrivando la verità": con queste parole, Silvia ha commentato l'esito dell'autopsia sul corpo del padre.

"Mancano l'esame istologico e tossicologico, ma si evince che non si tratta di omicidio", ha aggiunto precisando che lei e il marito sono fiduciosi e attenderanno l'esito degli altri esami per capire cosa sia successo. "È un bel sollievo - ha aggiunto Riccardo - la parola omicidio è molto pesante e non fa parte della mia vita".

Marta li ha accusati: ha detto che il marito sarebbe morto l'8 marzo per cause naturali e solo dopo il corpo sarebbe stato gettato nel pozzo. Sulla questione del suo trattore che sarebbe stato venduto a gennaio, il genero ha detto che Beppe non stava bene e non avrebbe potuto portare un mezzo ancor più pericoloso della macchina.

Il trattore sarebbe stato venduto tra dicembre e gennaio dalla moglie e dalla figlia, ma Pedrazzini nessuno l'ha visto: "Andavano in casa, facevano firmare, tornavano con i fogli firmati", la testimonianza dell'acquirente. Giuseppe aveva smesso di avere contatti con amici e parenti da gennaio dopo il rientro a casa in seguito a un ricovero per una caduta. Per la Procura, sarebbe stato isolato dai parenti. Le operazioni di vendita di terreni erano iniziate a dicembre.

Il legale di Silvia e Riccardo, che vivono in auto, ha riferito che vanno avanti grazie a una somma di denaro regalatagli da un prete e a soldi di Riccardo. Silvia ha un bancomat che si riferisce a un conto corrente cointestato a lei e alla mamma, che utilizza per pagare bollette e spese minime.

Invece il bancomat del padre è stato sequestrato.

Morto nel pozzo, nuovo sopralluogo in casa

Domani, 14 giugno, i Ris faranno un nuovo sopralluogo nella casa posta sotto sequestro dove Beppe viveva con moglie, figlia e genero ed effettueranno accertamenti irripetibili. Cercheranno tracce biologiche sia in casa che nei terreni circostanti. In particolare, tracce di sangue sul muro. Verrà esaminato lo spigolo sul quale Beppe Pedrazzini sarebbe sbattuto il 9 dicembre quando è caduto ed è stato ricoverato all'ospedale. Vogliono capire anche quando l'uomo sarebbe morto in caso di decesso per cause naturali.

Per Elena Paola, amica di Beppe, intervistata da Mattino5, Riccardo di corporatura grossa potrebbe avere spinto il suocero facendogli male.

Per l'amica, se i familiari non sono materialmente responsabili della morte del 77enne, lo sarebbero moralmente. Gli avrebbero tolto la patente, lo avrebbero tenuto chiuso in casa impedendogli di parlare a telefono. "Poi se magari hanno avuto una discussione ed è stato spinto, questo non lo posso sapere".

Morto nel pozzo, parole dure del gip

Come è finito Giuseppe Pedrazzini in fondo al pozzo? Il masso di circa 120 chili che lo copriva chi l'ha messo? E come è morto realmente il 77enne? Le indagini continuano. Il gip Dario De Luca si è espresso con parole durissime nell'ordinanza del 16 maggio scorso con la quale, pur non convalidando i fermo dei tre in carcere, ha disposto le misure cautelari dell’obbligo di firma e di dimora per i tre, tutti accusati di soppressione di corpo e truffa: quali che siano le cause della morte, avrebbero continuato a intascare la pensione di Beppe.

Di tutti e tre, il giudice ha sottolineato che “specifiche modalità e circostanze del fatto dimostrano un assoluto disprezzo per la persona e gli stessi vincoli familiari”, oltre a una “spiccata capacità di delinquere”.