Ayman al-Zawahiri, leader dell'organizzazione terroristica Al-Qaeda e successore di Osama bin Laden, è stato ucciso in un attacco effettuato durante un'operazione militare definita di "precisione" e di "successo" condotta dalla Cia. Ad annunciarlo è il presidente americano Joe Biden, in isolamento causa Covid, che in un comunicato alla nazione dalla Casa Bianca ha rivelato l'esito dell'operazione. "Giustizia è stata fatta" queste le parole del presidente americano reduce da un'altra vittoria lunga ed estenuante, che ha inoltre augurato maggiore serenità alle famiglie delle vittime dell'11 settembre dopo la morte del braccio destro di bin Laden, ribadendo l'impegno degli Stati Uniti nella lotta in prima fila contro il terrorismo.
Il leader di Al Qaeda è stato colpito nella notte tra sabato e domenica da un raid organizzato dalla Cia con l'utilizzo di un drone e due missili Hellfire mentre si trovava sul balcone della residenza di proprietà di uno dei consiglieri di Sirajuddin Haddani, Ministro dell'Interno e figura di spicco delle milizie jihadiste, situata in un quartiere esclusivo di Kabul. Fonti fanno sapere che la sua famiglia era all'interno dell'abitazione al momento dell'attacco ma è rimasta illesa, così come non vi sono state segnalate altre vittime tra i civili.
L'azione, programmata da diversi mesi dall'intelligence americana appostatasi per pedinare i movimenti di Zawahiri, è stata la prima condotta dopo il ritiro delle forze americane dal paese, intenzionate a colpire a distanza qualsiasi forza terroristica si sarebbe rifugiata nel paese.
I talebani, che hanno ormai ripreso il controllo nel paese dall'agosto 2021, sostengono che si siano verificate delle violazioni dei principi internazionali in base agli accordi di Doha, mentre gli Stati Uniti ribattono sottolineando dal loro punto di vista infrazioni da parte dei talebani rei nell'offerta di protezione ai terroristi nel paese.
Al-Zawahiri, il crollo di un baluardo del fondamentalismo islamico
Con l'attacco di domenica notte scompare uno dei pilastri del terrorismo internazionale islamico, responsabile, assieme al famigerato Osama Bin Laden, dei tragici attacchi dell' 11 settembre 2001 che costarono la vita a 2977 vittime esclusi i 19 attentatori.
Egiziano di origine e proveniente da una famiglia dell'alta borghesia del Cairo, Al-Zawahiri s'inserisce tra le fila del fondamentalismo islamico sin dall'adolescenza, entrando a far parte dei "Fratelli Musulmani" e divenendo seguace del politico composto Sayyd Qutb .
Nel 1979 entra nel gruppo fondamentalista "Jihad" venendo anche arrestato in seguito all'assassinio del presidente al Sadat nel 1981, ma le indagini non lo collegheranno direttamente all'omicidio. Durante l'occupazione sovietica dell'Afghanistan Al-Zawahiri entra in contatto con Osama Bin Laden, con il quale avvierà un lungo sodalizio terroristico con la nascita di Al Qaeda, responsabile di una lunga serie di attentati e morti. Durante la sua prolifica carriera criminale Al Zawahiri risulterà implicato oltre che negli attentati del World Trade Center e del Pentagono del 2001, nella strage nel sito archeologico di Luxor del 1997 in cui perirono 62 turisti e negli attentati delle ambasciate americani in Kenya e Tanzania del 1998 per i quali il Dipartimento di Stato americano dispose una taglia di 25 milioni di dollari.
A seguito dell'invasione americana dell'Afghanistan nel 2001, di al Zawahiri si persero le tracce, ma si ritenne costantemente che fosse nascosto al confine tra Afghanistan e Pakistan, divenendo bersaglio di diverse operazioni condotte dalle forze militari americane che costarono la vita anche ad innocenti. Dopo l'uccisione di Osama Bin Laden nel 2011 divenne leader indiscusso di Al Qaeda, incarico che ha mantenuto fino alla morte.