Francesco Guccini non ha bisogno certo di presentazione, per lui fa fede una carriera trascorsa a raccontar la vita attraverso canzoni e libri. Nasce a Modena il 14 giugno del 1941, ma il suo legame più intenso lo vive con Pavana e Bologna. La sua carriera è una prova costante di melodie e versi, ritmi e arrangiamenti. Tante le canzoni che hanno segnato un'epoca, da Dio è morto ad Auschwitz passando per Non non ci saremo. Uno stile inconfondibile intinto con i colori della vita umile, con i colori dei più deboli.

Il Maestrone, come adorano chiamarlo i suoi fans, è stato sempre la speranza mai delusa.

Non ha venduto le idee per il denaro rimanendo sempre fedele al suo stile, pieno di rime e assonanze, metafore e sinestesie. Ascoltare una sua canzone è come leggere un poeta, i suoi testi sono intinti di quotidianità.

Il semplice ascoltare "Vorrei" o anche "Farewell" o la sempiterna "Cirano" è un modo come un altro per spogliare l'anima davanti alla poesia.

Ascoltare "Radici" è come sentrsi a casa, sentire l'odore di campagna. Quanta vita poi è racchiusa nelle "Stanze di vita quotidiana" dove è racchiusa la vita dei delusi, dei sognatori oppressi dalla vita.

Guccini, personalmente, racchiude ogni sentimento, dal più indifeso al più celato dall'ipocrisia generale (Piccola Storia Ignobile) .

Guccini è il simbolo della vita che il tempo non muta e non deteriora nell'animo e nello spirito. 

Per dirla con i suoi versi "Io semplice essere umano, costretto a costretti ideali, sono solo un umile artigiano e volo con piccole ali. Fabbrico sedie e canzoni, erbaggi amari, cicoria o un grappolo di illusioni che svaniscono dalla memoria, non restano nella memoria".