Ha diviso il pubblico e canalizzato le attenzioni, si è trascinata dietro una scia di commenti, non sempre benevoli, eppure, nella vittoria di Conchita Wurst c'è molto di più di una semplice vittoria ad una gara canora.
La cosa più evidente, come riportato alla ribalta da tutti, è che la vittoria della cantante barbuta, degna del miglior fenomeno da baraccone (sia chiaro il riferimento è a quella brutta pratica circense in voga alcuni secoli fa), rappresenta uno schiaffo a quell'Europa troppo bigotta per affrontare temi etici di importanza ormai strategica nell'affermazione della vera e propria libertà d'essere. Conchita rappresenta l'umanità divisa tra due mondi, quello maschile e quello femminile che si mescolano senza una reale vittoria dell'uno sull'altro.
E poco importa se si condivide o meno la sua prestazione canora, il suo look o le parole dei suoi testi, Conchita Wrust non gioca ad armi pari perché parte con la marcia in più di chi può permettersi di rappresentare se stesso, di chi ha il coraggio di spiattellare la propria personale visione del mondo fregandosi della realtà consumistica che ci impone di categorizzarci e agire entro certi canoni, ella rappresenta che non siamo soltanto numeri e percentuali, non soltanto consumati dai consumi, ognuno di noi è un mondo che va esplorato, capito e condiviso. In questo senso, allora, possiamo congratularci con Conchita Wrust.