Chi conosce almeno un po' il regista parigino Jacques Audiard e magari ha visto il suo penultimo film, il magnifico 'Un sapore di ruggine ed ossa', sa bene che il suo interesse clinico per l'animo umano passa attraverso due canali d'osservazione speciali: lo studio del corpo e della dimensione fisica dell'individuo e l'attenzione al rapporto tra violenza del vivere e desiderio d'amare. Non fa eccezione l'ultimo lavoro del cineasta, vincitore della Palma d'Oro all'ultimo festival di Cannes e in uscita in Italia giovedì 22 ottobre (stessa data dell'horror 'Crimson Peak' ) dal titolo 'Dheepan': è la storia di un uomo, di una donnae di una bambina, tutti e tre in fuga dalla guerra civile dello Sri Lanka.

Entrati in Francia come rifugiati politici, adottano identità false e fingono di essere una famiglia, pur non conoscendosi affatto: mentre la bambina va a scuola, i genitori fittizilavorano, l'uno come guardiano tuttofare e l'altra come badante, mentre fuori scorre fremente la banlieu con i suoi grumi di rabbia e furore. Il film, vagamente ispirato alle 'Lettere persiane' di Montesquieu, è uno sguardo disincantato su un intero paese (la Francia in questo caso, ma potrebbe essere qualsiasi altro stato europeo) visto attraverso gli occhi di un immigrato per ragioni politiche (un uomo di etnia Tamil segnato da un destino di guerra e sradicamento), la radiografia impietosa della nostra attualità, stretta in una morsa soffocante d'inadeguatezza.

La violenza e l'amore

Poco interessato alle parole, portatrici di manipolazioni e distrazione, Audiard predilige concentrarsi sulle azioni e i fatti, sulla comunicazione espressa attraverso il corpo e il suo linguaggio prelogico: non c'è bisogno di dire per esprimere quello che conta. In fondo, non c'è nulla da spiegare e, anche l'amore che pian piano affiora nell'animo del protagonista (si chiama Dheepan, il film prende il titolo dal suo nome) nei confronti della giovane donna che anagraficamente è sua moglie, ma in realtà poco più che una sconosciuta, assume la forma di un istinto buono e primordiale, un desiderio insieme biologico e spirituale di aprirsi alla vita anche quando questa galleggia in un pozzo di brutalità e violenza.

Come in 'Un sapore di ruggine e ossa' (con Matthias Schoenaerts e Marion Cotillard), anche in 'Dheepan' i sentimenti si riconoscono tali sono attraverso un percorso di degenerazione, di discesa verticale nell'abisso dell'odio e della sopraffazione, quasi a suggerire i rapporti di vicinanza tra bellezza e vertigine, amore e morte.