È giusto che anche i più piccoli meritino la loro fetta di cinema, a maggior ragione ora che ci stiamo avvicinando alle feste natalizie. Da quando esistono, non si erano mai visti i Pixar Animation Studios cimentarsi nella produzione di ben due film d’animazione per lo stesso anno. Difatti, a poco più di due mesi, dopo Inside Out, arriva l’avventura jurassica de Il viaggio di Arlo, uscita in Italia il 25 novembre, in contemporanea con gli Stati Uniti. Una pellicola, questa del giovane apatosauro, che annovera fra i doppiatori originali volti noti di Hollywood come Frances McDormand (Burn After Reading), che ha donato la propria voce alla madre di Arlo, eAnna Paquin (True Blood), la quale ha prestato le sue sonorità vocali alla tirannosaura Ramsey.

Le vicende di Arlo saranno prima precedute dal corto, anch’esso targato Pixar, intitolato Sanjay’s Super Team, un breve ed acuto racconto sulla ricerca di un punto d’incontro fra due generazioni differenti e, innanzitutto, tra padre e figlio.

Recensione

Di certo Il viaggio di Arlo non è privo di pecche e di sicuro avrà purtroppo dalla sua lo svantaggio di soffrire l’inappropriato paragone con l’appena precedente Inside Out. È indubbio che la trama edificata attorno all’adolescente dinosauro non sia delle più originali, con più d'uno spunto leonino preso in prestito dal classico disneyano de Il re leone e con il tema del viaggio formativo avente come protagonista un lucertolone attinto a piene mani dalla saga dell'Alla ricerca della Valle Incantata.

Oltretutto, i personaggi di contorno mancano di quel carisma a cui gli studi Pixar ci avevano solitamente abituati e, in certi casi, la narrazione è sottotono e scarsamente coinvolgente.

Tuttavia, anche se non sempre tutte le ciambelle riescono col buco, ciò non vuol per forza dire che non nascondano almeno un buon sapore. EIl viaggio di Arlo si rispecchia perfettamente in tale metafora.

A cominciare dai rigogliosi paesaggi naturali che si dimostrano un vero e proprio spettacolo per gli occhi. Ciononostante, la peregrinazione di Arlo non si ridurrà soltanto a questo, comunicandoci inoltre l’importanza di trovare il coraggio di affrontare le paure che più ci frenano, per poi superarle e trarne insegnamento, contribuendo così alla crescita personale di ciascuno di noi.

La pellicola, in pratica, non solo si prefigge il compito di intrattenere, ma soprattutto si fa promotrice di un fondamentale messaggio educativo come quello detto pocanzi, oltre a quello dell’amicizia a prescindere dalla razza di appartenenza e a quello della famiglia, specialmente per il bambino che guarda.

È apprezzabile persino la singolarità con cui gli autori hanno trattato la plurisfruttata dinomateria, facendo di continuo riferimento al genere western, riproponendone stilemi classici quali la musica country, il ranch, i mandriani, i ladri di bestiame, la fattoria, la frontiera, i ruvidi nomi di persona tipici del selvaggio west, l’incontro di bizzarre figure alla stregua del film diretto da Sydney Pollack,Corvo rosso non avrai il mio scalpo, e la dura monoespressività clintestwoodiana.

Oppure, alludendo alla vertiginosa opera Paura e delirio a Las Vegas di Terry Gilliam.

Insomma, il film si conferma non esente da difetti, sia ben chiaro; malgrado ciò il team Pixar sembra che da Inside Out in poi ci voglia far piangere a dirotto ad ogni nuova storia confezionata per il grande schermo, considerando che Il viaggio di Arlo riesce a risollevarsi nella seconda parte, regalandoci un finale struggente e realisticamente toccante, capace di commuovere per la prima volta lo spettatore per le vicende di un rettile un po’ troppo cresciuto. Per di più, è stata geniale la trovata dell’inversione dei ruoli tra uomo e animale.