Invio manoscritti inediti, valutazioni più o meno gratuite, suggerimenti, incoraggiamenti (pochi), bocciature (tantissime), di rado esplicite, quasi sempre da dedurre dall’assenza di una risposta vera e propria. È questa la vita di molti aspiranti scrittori, che scrittori non diventeranno forse mai, nonché la vita che hanno sperimentato anche molti di quelli che scrittori di successo, alla fine, lo sono diventati per davvero. Come la britannica J. K. Rowling, la mamma letteraria del maghetto Harry Potter, che, ha raccontato, con i rifiuti ricevuti nella sua carriera ha riempito un’intera scatola nella soffitta di casa sua.
Ispirazione, non vendetta
Proprio per questo la Rowling ha deciso di raccontare una storia di speranza, con l’intento di dare “ispirazione, non vendetta”, postando su Twitter i categorici rifiuti incassati per il suo libro “The Cuckoo’s Calling” (in Italia dal 2014 con il titolo “Il richiamo del cuculo”). La Rowling, sotto lo pseudonimo di Robert Gailbraith, aveva inviato i manoscritti del romanzo e, per tutta risposta, molte case editrici le avevano risposto picche. Qualche giorno fa, la scrittrice britannica ha quindi deciso di rendere pubbliche le lettere di rifiuto di alcune importanti agenzie letterarie, recapitando, questa la sua idea, un chiaro messaggio a tutti gli aspiranti scrittori: se anche un autore da 400 milioni di copie, come la Rowling, presentandosi come una sconosciuta, va incontro alla bocciatura, allora c’è speranza per tutti.
La speranza non muore mai, dicono
Il gesto della Rowling rischia però di avere anche delle implicazioni non positive, perché la speranza va salvaguardata, certo, ma, prima di tutto, deve esserci la materia prima, ovvero, in questo caso, il romanzo di alto livello. La targa al Palazzo della Civiltà di Roma dice che gli italiani sono “un popolo di poeti di artisti di eroi / di santi di pensatori di scienziati / di navigatori di trasmigratori”, ma quello di raccontare sembra essere un vizio – chiamiamolo così – diffuso ben oltre i nostri piccoli confini.
Artisti e poeti lo sono moltissimi uomini, non solo italiani, ciascuno con un romanzo nel cassetto, pronto per la pubblicazione, opera di altissimo valore culturale, eppure rifiutata da centinaia di editori. Per un Ken Follett in carne e ossa ci sono, con ogni probabilità, milioni di aspiranti tali in giro per il pianeta, privi di quell’oscuro talento necessario per produrre “storie raccontate a inchiostro su polpa d’albero sbiancata e pressata”, come scriveva Kurt Vonnegut.
Eppure, anche chi vive di scrittura invadendo il mondo con milioni di copie delle proprie creazioni ha vissuto il lungo periodo dei rifiuti, fatto di manoscritti inediti inviati e rifiutati, rivisti e inviati ancora e rifiutati ancora. L’importante, dicono gli scrittori di successo, è non perdersi mai d’animo. Un ottimo consiglio, se si è scritta davvero un’opera meritevole.