“Loquor ergo sum”, parlo dunque esisto. Con questa espressione si potrebbe sintetizzare, riprendendo e modificando appena il celebre motto cartesiano, il senso della mostra collettiva “SOLO, agroup exhibition” che sarà inaugurata domani alle 17:30 nel Nuovo Spazio di Casso (Comune di Erto e Casso in provincia di Pordenone) e che rimarrà aperta al pubblico sino al prossimo 2 ottobre.
Un’esposizione ad anello che dalla parola deriva e che la parola genera, che nasce e si conclude nell’espressione verbale pur sostanziandosi in opera visiva. Un’esposizione che non poteva muovere da una collaborazione più efficace, come ha spiegato Gianluca D’Incà Levis, ideatore e referente di “Dolomiti Contemporanee”, realtà che dal 2011 mira alla valorizzazione di siti ricchi di potenzialità situati nel territorio delle Dolomiti patrimonio dell’UNESCO, e curatore, insieme a Paolo De Biasi, architetto “dello Studio UP3” e creatore della rivista d’arte contemporanea “Solo” basata sul patrimonio artistico della “AmC Collezione Coppola”, della mostra collettiva “SOLO, agroup exhibition”.
«Ogni anno “Dolomiti Contemporanee” si avvale di un preciso tema estetico-culturale, e quello dell’edizione 2016 è stato concepito con il nome di “parolaprima”. Abbiamo deciso di scendere fino all’estremità intima e abissale dell’indagine artistica, e abbiamo individuato nella catena linguistica che struttura il pensiero creativo l’essenza generatrice dell’opera visibile, nella parola quel contenuto primordiale di cui il quadro, la scultura o l’installazione si fanno dispositivo formale. Sulla base di questo tema abbiamo pensato di strutturare una mostra che emanasse, prima ancora che dalle opere, dalla discussione critica sulle stesse, trovando nelle otto monografie della rivista “Solo” dedicate ad altrettanti artisti rappresentati nella Collezione Coppola il punto di partenza e insieme conclusivo di ciò che Paolo De Biasi ed io siamo andati a curare»
La parola agli artisti
Otto artisti e quattordici opere che, nella suggestiva cornice del Nuovo Spazio di Casso - richiamo già di per sé potente, data la tragedia del Vajont, al concetto di generazione e rigenerazione -, declinano la forza palpitante dell’espressione verbale secondo prospettive diverse e complementari, a cominciare dall’installazione che vede proprio le pagine e i frammenti della rivista “Solo” costituire un’architettura di parole esplosa ed espansa nello spazio, congelata a mezz’aria qualche istante dopo la detonazione.
Prospettive diverse e complementari quelle degli artisti in esposizione, anche a livello di approccio con l’arte contemporanea in generale, come alcuni hanno raccontato alla vigilia dell’inaugurazione di sabato 20 agosto.
«Cerco di mettere sotto sforzo alcuni valori formali occidentali condivisi (le metamorfosi della "buona pittura" nei secoli), con l'iniezione del virus della posteritànel corpo della stessa, educandoil classico al ritmo delle avanguardie.
Il sogno del buon pittore viene scosso a fondo, senza perdere fondamento, perchéogni mio sabotaggio include sempre, insieme alla collera, la cura che accompagna il soggetto nel suo farsi; un compendio di buone maniere in attesa che si scateni una rappresaglia informale – così Nicola Samorì, nato a Forlì nel 1977 e formatosi all’Accademia di Belle Arti di Bologna.
«Non ho un modo particolare di operare nell'ambito dell'arte contemporanea. Lavoro in tutta naturalezza cercando di concentrarmi al massimo su ogni singolo lavoro, evitando di assorbire troppo da il tutto che mi circonda e cercando di mantenere una buona percentuale di "autenticità" e "singolarità" che verrebbe "falsata" nel caso fossi soggetto a troppe influenze esterne. E' importantissimo guardarsi intorno ma è ancora più importante riuscire a dimenticarlo una volta entrati in studio – ha rivelato invece Giuliano Sale, artista cagliaritano trasferitosi a Milano, anche lui classe 1977.