Reti televisive, carta stampata, piattaforme online, programmi radio, la stessa intensa intervista all’interessato condotta da Franca Leosini nella trasmissione “Storie Maledette” andata in onda a gennaio di quest’anno, tutto ciò che ha riguardato Rudy Guede, dall’indomani della sentenza assolutoria per Amanda Knox e Raffaele Sollecito del 27 marzo 2015 in poi, è inevitabilmente passato per la domanda: se i due ex fidanzati sono stati ritenuti innocenti per quanto riguarda l’assassinio di Meredith Kercher, come fa l’ivoriano a rimanere in prigione per “concorso in omicidio”?

Un quesito naturale che è stato formalizzato lo scorso 3 agosto tramite la richiesta ufficiale di revisione del processo a Guede, presentata dagli avvocati Tommaso Pietrocarlo e Monica Grossi e sfociata infine nell’effettiva fissazione da parte della Corte d’Appello di Firenze di un’udienza camerale prevista per il 20 dicembre per deliberare sull’istanza. Esito non scontato perché, comunque, la possibilità che la Corte dichiarasse l’inammissibilità d’ufficio senza prospettiva di discussione era concreta.

L’omicidio e i processi

Il cadavere sgozzato di Meredith Kercher, studentessa inglese in Erasmus di non ancora 22 anni, fu rinvenuto a Perugia in un appartamento in Via della Pergola che la giovane condivideva con altre ragazze, e a finire sotto la lente degli investigatori prima e dei magistrati poi furono infine tre soggetti: Amanda Knox, americana all’epoca ventenne, Raffaele Sollecito, pugliese di anni 23, e Rudy Guede, ivoriano non ancora ventunenne al momento del fatto.

I procedimenti giuridici presero a quel punto due strade differenti, con Guede che, su consiglio degli allora avvocati, optò per la formula del diritto abbreviato e fu quindi condannato alla pena di 16 anni di carcere per concorso in omicidio, e gli altri due imputati, uniti da legame sentimentale nel periodo del delitto, che decisero di affrontare il normale percorso processuale.

A dir poco complicato l’iter giudiziario di Knox e Sollecito: condanna in Primo grado per omicidio rispettivamente a 26 e 25 anni nel 2009, assoluzione in Appello nel 2011, annullamento dell’assoluzione decretato dalla Cassazione nel 2013, nuovamente giudizio di colpevolezza dalla Corte d’Assise di Appello di Firenze a inizio 2014 e, a porre il punto fermo in coda alla tormentata vicenda processuale, la sentenza della Corte di Cassazione del 27 marzo 2015 che stabilì l’assoluzione definitiva “per non aver commesso il fatto”, riprendendo lo spirito del verdetto del 2011.

A carico di Amanda Knox e Raffaele Sollecito è mancato un "insieme probatorio" caratterizzato "da evidenza oltre il ragionevole dubbio". Si parla di "Clamorose defaillance nell'inchiesta" e, stando alle parole della sentenza, il processo riguardante l‘omicidio di Meredith avrebbe rivelato "un iter obiettivamente ondivago, le cui oscillazioni sono, però, la risultante anche di numerose defaillance o ‘amnesie’ investigative e di colpevoli omissioni di attività di indagine”.

La revisione

Proprio in questo contesto si inserisce dunque la richiesta di revisione del processo di Rudy Guede, finora l’unico condannato nell’ambito dell’assassinio, per un reato di “concorso in omicidio” a cui però non viene fato corrispondere l’elemento logicamente complementare, l’attore principale dell’episodio di sangue.

“La revisione è stata chiesta per contrasto di giudicati con la sentenza che ha assolto Raffaele Sollecito ed Amanda Knox. Siamo fermamente convinti delle nostre buone ragioni – dichiara Daniele Camilli, portavoce di Guede – ma dobbiamo riconoscere che il compito ora affidato alla Corte d’Appello è estremamente delicato. E non possiamo ignorare che una giovane ragazza perse la vita in circostanze drammatiche. Dobbiamo perciò improntare la difesa ai criteri di rigore e di compostezza, nel rispetto del ruolo della Corte d’Appello e di tutte le altre parti coinvolte nel procedimento.