È nelle sale "Bridget Jones's Baby", divertente sequel della saga di bridget Jones, la goffa "ragazza cresciuta" della middle class inglese alle prese con problemi di cuore e assortite indecisioni quotidiane.

Unquadretto questo, sintetico quanto parziale, solo per chi non conoscesse il celebre personaggio creato da Helen Fielding.

Questo episodio della vita di Bridget risulta oltre che particolarmente godibile, come i precedenti, anche più profondo.

La protagonista, magistralmente interpretata come sempre da Renée Zellweger, si trova infatti in una fase più matura della vita, forse troppo.Ha da risolvere il suo status da single per forza e qualche inconveniente che il passare degli anni ha aggiunto al già pesante fardello di una vita provvisoria, eternamente "quasi realizzata".

Convinta da una giovane collega vorace a far ripartire la sua vita sentimentale, Bridget conosce fortuitamente il brillante Jack Qwant e recupera quasi contemporaneamente il suo amore storico, Mr. Darcy (icona di genere, interpretata da un Colin Firth mai così British dai tempi de "Il discorso del re").

Problema: Bridget in pochi giorni ha un rapporto sessuale con entrambi gli uomini e dopo un paio di mesi si accorge di aspettare un figlio.

Non sa chi dei due sia il padre e si affida a una ginecologa così ostile da diventare collaborativa, interpretata da Emma Thompson (che migliora invecchiando, come quei vini che gli inglesi non conoscono).

Si crea quindi un equivoco trittico genitoriale, con Bridget che fino alla fine tratta i due uomini come padri del nascituro.Il personaggio di Qwant risulta particolarmente curato, nell'entusiamo da Jovanotti in un videoclip di Muccino e nella fragilità da Owen Wilson in vacanza.

Il volto di Qwant è tuttavia prestato da Patrick Dempsey, non all'altezza del resto del cast. Sembra consapevole dell'interpretazione, illude lo spettatore, ma non riesce a offrire nulla al personaggio se non la piatta banalità di un sorriso da Colgate Total.

100% Bridget Jones

Il film ha una conclusione sorprendente pensando alla precarietà dei finali offerti dagli episodi precedenti, ma si fa particolarmente apprezzare perché riesce a dare piena realizzazione al personaggio di Bridget Jones, figura in cui le donne si identificano, ma che amano bonariamente deridere.

La pellicola è condita da interpretazione al femminile delle vicende sentimentali ed è utile agli uomini per provare a intercettare le percezioni del gentil sesso: è un corso limitato, ma accelerato, di studio degli anfratti della femminilità generalmente preclusi al banale homo sapiens.

Esilarante la scena del trasporto d Bridget Jones all'ospedale per il parto, lì la protagonista trionfa davanti alla macchina da presaperché è causa ed effetto dell'azione, da lei la scena nasce e per lei finisce.

Come spesso accade, film del genere provano a strappare lacrime di tenerezza e sorrisi bonari, oltre a sonore risate e sguardi sbalorditi. Il mix di reazioni è felicemente generato e si esce di sala con l'impressione di aver visto una storiella divertente, una piccola narrazione senza pensieri che induce a pensare qualcosa, sulle dinamiche dell'amore e, più in generale, della vita.