"Raccogliere e bruciare - Ingresso a Spentaluce" è lo spettacolo teatrale scritto, diretto ed interpretato da Enzo Moscato in scena alla Galleria Toledo, per il Napoli Teatro Festival, insieme, tra gli altri, ad una strepitosa Cristina Donadio, la Scianel della seconda serie di Gomorra, nel ruolo di Pandora. Ispirato alla celebre Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters che, dalla prima traduzione di Fernanda Pivano in poi, incanta generazioni di lettori anche nel nostro paese, Moscato ci conduce in una ipotetica terra napoletana di Spentaluce, dove, attraverso l'intreccio delle storie delle anime dei defunti, si carteggiano a poco a poco tutte le contraddizioni dell'esistenza umana con impressionanti accenti di verità, e dove "le anime non muoiono, ma si incantano".

Tra i tanti personaggi che affollano quasi come statue il palcoscenico creato con le installazioni di Mimmo Paladino, si muove il più etereo e danzante, quello di Pandora interpretato da Cristina Donadio. Un rapporto di vita e di fratellanza quello con Enzo Moscato, con cui si è creato un sodalizio artistico che li unisce da molti anni e sempre improntato alla delicatezza poetica delle emozioni vissute e sentite.

Appena concluse le riprese per la nuova stagione di Gomorra in onda dal prossimo autunno, torna subito sul palcoscenico nella sua amata Napoli, che ha apprezzato sinceramente questo nuovo spettacolo registrando il sold-out in tutte le serate. Una bella soddisfazione, vero?

Certo! Il pubblico ha molto apprezzato questo spettacolo, uno spettacolo molto particolare, fatto di cose impalpabili, di sensazioni, di percezioni, con un testo molto alto, molto poetico.

Sono tanti anni che Enzo (Moscato) lavora su questo progetto, sull'Antologia di Spoon River ed è come se lui l'avesse presa, l'avesse tradotta, tradita, fatta a pezzi, rimescolata e poi affidata alla voce ed al corpo dei suoi attori.

Il suo rapporto con questo testo?

Tutto ciò che è l'Altrove mi ha sempre affascinato molto, trovo che sia estremamente teatrale perché ha in sé il mistero, il mistero dell'Altrove che è anche il mistero del teatro.

Chi può sapere dove le anime iniziano a vagare dopo la morte? Quello che so è che l'essere immortali, invece, riguarda la memoria ed il ricordo di chi non c'è più, affidato a chi ha il compito di ricordare, per non perdere questa memoria.

Il distacco che si raggiunge quando si appartiene ad un'altra dimensione lascia comprendere che magari quello a cui diamo peso in questa vita perde di significato nell'altra.

Questo è il motivo per cui le anime in scena hanno una verità empirica che "urlano" in modo quasi assordante, non crede?

Sicuramente, è come se si andasse in un'altra dimensione, una dimensione dove non c'è più la corporeità, rimane l'essenza del pensiero e quello che noi raccontiamo in questo spettacolo è proprio quello che rimane, diamo voce, volto e corpo al ricordo.

Ci sono autori che predilige, anche d'oltreoceano come Edgar Lee Masters?

Io adoro la poesia, in un altro spettacolo ho indagato a fondo le poetesse americane a cavallo tra gli anni '50 e '60 come Sylvia Plath, Anne Sexton, parti di una piramide capitanata da Emily Dickinson, che secondo me è l'essenza della poesia, perché una persona che ha scritto migliaia di sonetti stando chiusa in un stanza.

Ti dà il senso reale di cosa è la poesia, la poesia come qualcosa che trascende dal vissuto, un seme che hai dentro, un sentire. Anne Sexton, in particolare, la riporterò in scena con "Transformations": lei ha riscritto le favole dei fratelli Grimm attraversate però dalla sua anima, quella di una donna preda del sogno americano, con un rapporto difficilissimo col padre da cui è stata per certi versi abusata, appartenente a questa ricca famiglia bostoniana, con cui non trovava punti di incontro. Mi aveva affascinato molto, quindi ho deciso di portarla in scena. La poesia è qualcosa di immenso. La amo. Non ha niente a che vedere con quello che s'intende in generale, insegnata purtroppo male nelle scuole, dove la metrica diventa cantilenante, quando invece c'è il modo di appropriarsi del verso, delle parole, che è meraviglioso.

L'attore ha un'affinità profonda con quella che è l'essenza stessa della poesia. Questo entrare dentro le parole li accomuna?

Certamente si, è il gioco dell'immedesimazione con la parola, e con Enzo (Moscato) abbiamo fatto diversi lavori teatrali in versi. Ricordo in una delle prime esperienze, dove Enzo si è cimentato con questa scrittura alta, lirica, "Costellazioni", la grande felicità di riappropriarsi ogni sera di quelle parole, di cui ricordo perfettamente tutto il testo, tanto mi è rimasto dentro, questo l'incipit del mio personaggio: "Porta, in una notte come questa, dispiacere recare a voi disturbo in fondo all'occhio e al cuore", quindi immagina il resto.

Il teatro è sempre al primo posto?

La scelta che ho fatto da quaranta anni a questa parte è il teatro, scelta di cui non mi sono mai pentita. Ho rinunciato a tante cose, per un periodo ho fatto anche più cinema che teatro ma a un certo punto non mi sentivo più comoda, più a mio agio, quindi ho scelto nuovamente il teatro e tornando indietro rifarei tutto. Poi un giorno bussa alla mia porta il personaggio di Scianel in Gomorra, e l'ho affrontato come ho affrontato il ruolo di Clitemnestra. Scianel è l'archetipo del male, non potevo immaginare una camorrista, altrimenti sarebbe diventato un personaggio piccolo, che aveva tutte le caratteristiche per diventare un cliché, invece sono andata a pescare nei miei demoni e quindi nell'archetipo del male che avevo affrontato già in Medea e tanti altri personaggi portati in scena.