In tempi di pensionamenti complicati post legge Fornero, c’è qualcosa che preoccupa ancora di più. Perlomeno, questo è il punto di vista della protagonista del giallo “Fiori sopra l’inferno” (Longanesi, pagine 366) pubblicato il 4 gennaio 2018. Il commissario di polizia del Libro, pur orbitando vicino alla cessazione dell’attività, si trova di fronte a un caso particolarmente complesso. Ed è qualcosa che rischia di sconvolgere la sua vita e i suoi progetti futuri.

L’ambientazione

Trattandosi di un thriller parrebbe secondario dare attenzione agli altri elementi presenti nella narrazione architettata da Ilaria Tuti.

Tuttavia, nel caso in questione, verrebbe da dire che gran parte della sensazione di paura e di pericolo che aleggia nella struttura testuale è grandemente debitrice – oltre al centrato racconto dell’autrice – all’ambientazione descritta magistralmente. Infatti, immergendosi nella lettura del volume, non è agevole stare sereni di fronte alla neve ovattata e avvolgente che atterra nell’atmosfera cupa e inquietante di boschi silenti. È facile per il lettore, invece, avere la netta sensazione di vivere quei luoghi. Si intuisce subito che la scrittrice ha immesso nelle pagine del romanzo le sue esperienze conoscitive collegate al luogo geografico. La regione che prevede lo svolgimento della storia è il Friuli.

Il luogo è Tavernì. Un nome inventato per esigenze letterarie. Ma è un posto che l’autrice conosce bene. E per questo, ne descrive minuziosamente le caratteristiche fisiche.

Il commissario di polizia

La figura del commissario di polizia è assegnata a Teresa Battaglia. Personaggio pronto a chiudere la propria carriera. E pronta a continuare la propria personale guerra contro le patologie che la affliggono, i primi sintomi di un Alzheimer precoce e il diabete che la costringono a osservare con occhio critico la propria esistenza.

Pur fisicamente sovrappeso, pur affaticata dalla carriera dedicata al commissariato e a tutte le persone che l'hanno contattata, in cerca di aiuto o solo di una parola di incoraggiamento, la figura disegnata dall'autrice ce la mette tutta per segnare l'ultimo goal. Teresa, dotata di un cognome che fa capire da subito quanto non sia disposta ad arrendersi, pur afflitta da problemi di salute limitanti – la sua mente a volte la tradisce e la lucidità non sempre è al massimo – riesce comunque a fare un profiling della figura dell’assassino. E a chiudere il suo ultimo caso.