Il 30 Gennaio scorso il Consiglio di Stato ha preso la sua decisione, bocciando la proposta richiesta nel 2014, da parte del Politecnico di Milano, di creare dei corsi di laurea solo in inglese. L'obiettivo era quello di attirare il maggior numero possibile di studenti da tutto il mondo e, allo stesso tempo, abituare gli studenti italiani ad avere a che fare con la lingua inglese, in questo caso, in ambito tecnico; ciò avrebbe ritrovato un riscontro positivo a livello lavorativo. La decisione dei giudici in merito alla questione ha confermato il precedente provvedimento del Tar e che aveva coinvolto anche la Corte Costituzionale.

Corsi solo in inglese

L'idea di introdurre corsi di laurea magistrale e di dottorato di ricerca solo in lingua inglese, era nata dalla nuova norma contenuta nella legge Gelmini, legge 240, del 2010. L'idea dell'università milanese prevedeva anche un piano di formazione per i docenti e un piano di sostegno per gli studenti che avessero voluto intraprendere questa "carriera". I vantaggi che ne avrebbe tratto non erano solo interni, ma anche sul piano internazionale; infatti la prospettiva era quella di introdurre all'interno del programma universitario un numero cospicuo di studenti provenienti da tutto il mondo, che avrebbero potuto iscriversi ai corsi magistrali e/o di dottorato senza passare attraverso i programmi di scambi internazionali.

Una pratica che è già presente in molte università d'Europa e non solo.

I ricorsi e la decisione finale

Contro questa richiesta del Politecnico di Milano, avevano fatto ricorso alcuni docenti che ritenevano che si sarebbe abbassato il livello e il piano di difficoltà delle lezioni, per non parlare della concentrazione e della rendita degli studenti.

I docenti, quindi, si erano rivolti al Tar, il quale aveva bocciato la proposta dell'Università. Nel 2017, invece, la Consulta aveva preso le difese del "Poli", sostenendo che le università avrebbero dovuto decidere in piena autonomia di introdurre, o meno, corsi di laurea in lingua straniera per avvicinarsi di più al piano scolastico europeo e per trovare delle collaborazioni internazionali tra gli atenei, purchè non si fosse eliminato totalmente l'italiano, dagli stessi.

La questione passò poi al Consiglio di Stato, il quale a fine gennaio ha deciso di dire no all'intera proposta.

L'Accademia della Crusca

L'Accademia della Crusca ha preso in maniera positiva la sentenza del Consiglio di Stato, sostenendo che la lingua italiana è il nostro bene più prezioso che dobbiamo porre al primo piano e che un'iniziativa del genere avrebbe privato gli italiani di questo bene. La decisione del Consiglio salvaguardia anche alcuni ambiti del sapere, come quello tecnologico, dall'influenza della lingua straniera e non mette in imbarazzo gli studenti che non si riescono a destreggiare bene con l'inglese. Tantissimi i pensieri negativi a riguardo, da parte soprattutto degli studenti.

Questo tema dovrebbe essere preso seriamente in considerazione e sul quale bisognerebbe ragionare pr capire cosa vogliamo fare del nostro futuro, o se davvero ne esiste uno, dal momento in cui, tutte le possibilità di progresso a livello internazionale, ci vengono private.